Shel Shapiro e Maurizio Vandelli, la strana coppia ospite del Giorno / FOTO

I due scherzano: "Che fatica volerci bene..."

Shel Shapiro e Maurizio Vandelli con il direttore del Giorno Sandro Neri  (NewPress)

Shel Shapiro e Maurizio Vandelli con il direttore del Giorno Sandro Neri (NewPress)

Milano, 13 novembre 2018 - Mai dire mai.  Se la sono giurata per mezzo secolo, poi fra Shel Shapiro e Maurizio Vandelli è scoppiata l’amicizia, suggellata tra i solchi di un album dal titolo ecumenico come “Love and Peace” che la strana coppia porta in tournée da dicembre, con tappe pure al Dis_Play Brixia Forum di Brescia il 25 gennaio e al Teatro Ciak di Milano il 29. Ne hanno parlato loro ieri mattina in redazione al Giorno.

Chi ha pensato per primo all’altro?

Vandelli: «L’idea c’è venuta quasi assieme. Io l’avevo da circa un anno e mezzo, ma non volevo chiamarlo per paura che mi dicesse di sì».

Shapiro: «Dopo “Sarà una bella società”, il mio spettacolo teatrale scritto da Edmondo Berselli, carezzavo l’idea di fare qualcosa di simile sul ’68. Era quasi tutto pronto quando, il produttore di quel mio primo spettacolo, Marcello Corvino, mi ha suggerito “perché non fai qualcosa con Vandelli”. Lì per lì gli ho risposto “mai nella vita”, ma poi la impossibilità di trovarci assieme sullo stesso palco ha cominciato a prendere piede».

Ma cos’ha Vandelli che non va?

Shapiro: “È urticante. Però ho preso in mano il telefono lo stesso e l’ho chiamato per iniziare questo rapporto di amore e odio che andrà avanti per un anno e mezzo».

Sarà un concerto o una specie di recital in cui incrociare le vostre storie?

Vandelli: «Sarà uno “showncerto”. Un concerto con tanta musica, ma anche uno show, perché se ogni sera riusciremo non arrivare alle mani sarà un bel risultato. Stiamo, infatti, provando a volerci bene, ma che fatica».

Nel disco ci sono tredici pezzi, ma in concerto ne eseguite una trentina.

Vandelli: «Ci saranno delle citazioni legate alla nostra vita artistica rimaste fuori da “Love and Peace”. Lucio Battisti, ad esempio ha vissuto a casa mia per mesi, anni, secoli, gli ho arrangiato diversi brani tra cui “Un’avventura”, ed è naturale, quindi, che faccia qualcosa di suo oltre a “29 settembre”».

Shapiro: «Io ho un grande amore per Dylan e qualcosa di suo ci sarà. Ci saranno tributi a grandi rock band che mi hanno toccato l’anima a cominciare dai Rem di “Losing my religion”».

Nella scelta del repertorio del disco come avete fatto a non litigare su ogni canzone?

Vandelli: «In una diarchia è molto difficile decidere a maggioranza, così abbiamo preferito evitare frizioni affidando certe decisioni al produttore Diego Calvetti».

Effetto nostalgia?

Shapiro: «No, assolutamente. Questa non è un’operazione di revival. Non è un “come eravamo”, ma “quel che siamo”. Un recupero della memoria, ma in chiave assolutamente innovativa».

Avete detto di avere 2 o 3 inediti nel cassetto. Che aspettate a tirarli fuori?

Vandelli: «Questo è il primo passo, poi vedremo».

E il secondo potrebbe essere Sanremo?

Vandelli: «Potrebbe. La canzone ci sarebbe, vediamo».

Shapiro: «Si tende spesso a classificare gli artisti per età, ma questa è una sciocchezza. Noi, ad esempio, siamo ancora arrabbiati e quindi più giovani ed energici di tanti nostri coetanei. Il rock è ancora rivoluzionario. Questa è forse l’unica convinzione in cui ci ritroviamo entrambi».

Vandelli: «Diciamolo, siamo le Kessler del rock».