Strage di piazza Fontana, luci tra tanti misteri

Cinquantanni fa, il 12 dicembre 1969, la strage di Piazza Fontana, 17 morti e più di 90 feriti per una bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano

La strage di piazza Fontana

La strage di piazza Fontana

Milano, 25 agosto 2019 - Cinquantanni fa, il 12 dicembre 1969, la strage di Piazza Fontana, 17 morti e più di 90 feriti per una bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano. Comincia una lunga serie di stragi, per cercare di piegare a destra l’asse della politica italiana. Ancora adesso, a mezzo secolo di distanza, non sono del tutto chiare le responsabilità e i retroscena. E dunque vale la pena leggere le ricostruzioni più rigorose e documentate d’una stagione della storia la cui eco arriva alle soglie della nostra dura contemporaneità. Cominciando con “Prima di piazza Fontana - La prova generale” di Paolo Morando, Laterza. Tutto comincia il 25 aprile ‘69, con due bombe, una alla Fiera e l’altra alla Banca delle Comunicazioni. Una ventina di feriti. E un grande allarme. Il ministero degli Interni e la Questura di Milano puntano sulla pista anarchica, mettono al centro dell’attenzione un ballerino solitario e chiacchierone, Pietro Valpreda. E se lo ritroveranno già pronto quando si tratterà di dare un nome al “mostro”, allo stragista di Piazza Fontana. Tutt’altro, però, c’è dietro. Non gli anarchici. Ma un giro di estremisti neo-fascisti legati ad ambienti degli apparati di sicurezza dello Stato. «Una pagina nera per la giustizia italiana, da allora totalmente rimossa dalla memoria», sostiene Morando. Che lavora bene per riportarla alla luce. 

La data della strage, “12 dicembre 1969” fa da titolo d’un altro libro essenziale, quello di Mirco Dondi, nella bella collana Laterza dedicata ai “10 giorni che hanno fatto l’Italia” (dal 29 luglio 1900, l’assassinio di re Umberto al 25 aprile ‘45, la Liberazione e al 26 gennaio 1994, la “discesa in campo” di Silvio Berlusconi). C’è molto, nel libro di Dondi: la ricostruzione d’ambiente, le lotte studentesche e operaie dell’”autunno caldo”; le preoccupazioni diffuse per una possibile svolta a sinistra dell’opinione pubblica; le manovre di poteri oscuri, minacciati da ogni ipotesi di cambiamento. Date, fatti, indagini deviate, omissioni. L’Italia è “un Paese senza verità”, denunciava Leonardo Sciascia. In tanti, da Piazza Fontana al delitto Moro, hanno trescato per rafforzare i segreti. Ancora una volta, adesso, diradati da buoni libri. Come “Piazza Fontana. Il processo impossibile” di Benedetta Tobagi, Einaudi, “una riflessione esemplare sui rapporti tra giustizia e politica”. Il processo si trascina per anni, da Milano a Catanzaro, dalla prima sentenza che condanna, come colpevoli, due terroristi neofascisti, Giovanni Ventura e Franco Freda e un loro complice legato ai Servizi, Guido Giannettini, alle altre sentenze che li assolvono, fino alla Cassazione, anche se poi nuove indagini consentono di ribadire la loro colpevolezza ma senza poterli più processare. In mezzo, tutto un depistare, distruggere prove, usare anche i giornali per confondere le acque. Resta l’amarezza della mancanza di chiarezza sulle stragi, si diffonde comunque la consapevolezza che l’insistenza sulla verità ha evitato che trionfasse del tutto l’impunità.