Ritratti di Milano. Viaggio fra luci e ombre

Sono fatte di cemento, asfalto e acciaio, le città. Di monumenti e alberi, scuole e piazze. E sono fatte di parole per capirle e raccontarle

Milano, 16 settembre 2018 - Sono fatte di cemento, asfalto e acciaio, le città. Di monumenti e alberi, scuole e piazze. E sono fatte di parole per capirle e raccontarle. Le città sono un libro amato e un libro da aprire per innamorarsene. La riprova, ennesima, sta in “Milano di carta” di Michele Turazzi, Il Palindromo. Turazzi, come tanti, non è nato a Milano, ma l’ha scelta per vivere e lavorare. E adesso, con una “guida letteraria”, ne interpreta l’anima, il dolore e i sogni attraverso le pagine di grandi scrittori, cominciando proprio da Alberto Savinio (“Ascolto il tuo cuore, città”) e continuando con Ernest Hemingway, Luciano Bianciardi negli inquieti dialoghi delle notti di Brera, Dino Buzzati con “i misteri di Porta Comasina”, Giorgio Scerbanenco nella “Milano nordest calibro 9”, Lalla Romano che gioca con il figlio sul sagrato del Cimitero Monumentale, Elio Vittorini nella costruzione di “Uomini e no”, grande romanzo sulla Resistenza e gli aneliti di vita anche in giorni terribili, Giovanni Tentori e “i ragazzi di vita del Fabbricone”, Carlo Emilio Gadda a casa dell’Adalgisa e nelle menti tortuose dell’alta borghesia, Alda Merini che scrive d’amore nelle “osterie dormienti della ripa”, per finire con l’ironia di Emilio Tadini e “la lunga notte degli anni Novanta”.

Milano senza stereotipi, fervida d’intraprendenza e quasi mai gretta, Milano d’una bellezza discreta che si rivela agli sguardi curiosi e affettuosi. Qui, letteratura è vita. MILANO, come metafora metropolitana, può avere anche un’anima oscura. E la disvela Aldino, il protagonista di “Tirar mattina”, un bel romanzo di Umberto Simonetta pubblicato nel ‘63, giusto cinquant’anni fa e adesso rimandato in libreria da Baldini+Castoldi. Un uomo inconcludente, Aldino, d’incerto mestiere, restio ad affrontare “l’ora seria”, quella del diventare adulti e responsabili e, con fare da cinico, guarda la città crescere, nel 1960 del boom economico e, ancora una volta, rinvia ogni scelta. Ha ritmi severi, la modernità. Lo sguardo critico e disincantato aiuta ad affrontarla meglio. Milano cupa. Milano fragile. Emerge, con le debolezze e le paure, come ogni altra grande città del mondo, da un libro noir di forte ritmo, “Lo stupore della notte” di Piergiorgio Pulixi, Rizzoli. La protagonista si chiama Rosa Lopez, poliziotta di talento ed esperienza, un passato d’impegno nella lotta contro la ‘ndrangheta, un’attualità di re- sponsabile dell’antiterrorismo. È alle prese con le notizie sulla preparazione di un devastante piano di morte. E con l’angoscia per la vita del suo compagno, in coma dopo un attentato. Ricatti, tradimenti, minacce, Cia e Isis, un albergo di torture dal nome bizzarro, “Lovers Hotel”, un contrasto tra Bene e Male denso d’ambiguità. E «nonostante l’ora tarda, la piazza traboccava di turisti che immortalavano l’albero ammantato di neve e si scattavano dei selfie, sfidando il gelo della notte e la paura degli attentati».