Lavoro e benessere. Obiettivi del mercato

Ripartire da John Maynard Keynes, in tempi di crisi?

Milano, 5 maggio 2019 - Ripartire da John Maynard Keynes, in tempi di crisi? Dopo gli anni dell’egemonia neoliberista anglosassone e dell’ordoliberismo tedesco, tornano alla ribalta le idee dell’economista che più di tutti ha influenzato positivamente la stagione della migliore crescita economica del Novecento. Ed è opportuna la ripubblicazione dei suoi scritti, a cominciare dalla “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” nella prestigiosa collana dei Meridiani di Mondadori, a cura di Giorgio La Malfa, con la collaborazione di Giovanni Farese. Al centro, le idee sulla “politica dei redditi” (un circuito virtuoso tra produttività, salari e utili d’impresa) e sul ruolo della politica economica e degli interventi pubblici, per arrivare agli obiettivi che il mercato, spontaneamente, non riesce a raggiungere: lavoro, benessere, sicurezza. Non si tratta, per Keynes, di sovraccaricare di debiti lo Stato. Né di indulgere a politiche assistenziali. Ma di stimolare, con bilanci in tendenziale equilibrio, investimenti che moltiplicano domanda e occupazione. Una lezione valida ancora oggi.

C'è un altro punto di vista di cui tenere conto: quello della “responsabilità” per costruire una “economia civile”. Lo racconta bene Stefano Zamagni, economista di grande spessore e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, in “Responsabili” ovvero “Come civilizzare il mercato”, Il Mulino: la globalizzazione e la rivoluzione delle tecnologie “stanno generando crescenti asimmetrie di potere, mettendo a repentaglio l’orizzontalità dei rapporti tra soggetti, presupposto essenziale per il funzionamento stesso del mercato”. Si rafforzano nuovi monopoli. Da contrastare. Come? Zamagni insiste sul “capitalismo responsabile” e sulle nuove dimensioni del mercato: “C’è un mercato che riduce la disuguaglianza sociale e uno che invece la fa lievitare. Il primo si dice civile, perché dilata gli spazi della civitas, mirando a includere tendenzialmente tutti, il secondo è invece il mercato incivile che tende ad escludere e a conservare nel tempo le “periferie esistenziali” di cui parla Papa Francesco”. E’ il “capitalismo finanziario” che crea diseguaglianze inaccettabili. Da contrastare. Con senso di responsabilità di imprese e cittadini.Sono temi che stanno al centro anche delle “idee per una economia mondiale assennata” raccolte da Dani Rodrik in “Dirla tutta sul mercato globale”, Einaudi. Da una parte, la globalizzazione selvaggia come “ipermondialismo”, con tutti gli squilibri conseguenti (già denunciati da Rodrik nel 1997, senza adeguato ascolto, purtroppo). Dall’altra, “Il sovranismo”, ideologia povera e chiusa che ripete in peggio i guasti del nazionalismo che hanno avvilito il corso del Novecento. C’è però una “terza via”, ripensare lo “Stato nazione” e rilanciare la Ue come uno Sta- to vero e proprio. È una prospettiva improbabile. Ma una riflessione comunque stimolante.