Lavoro e lavoretti, che cosa ci aspetta

Lavoro come identità sociale, principale porta d’accesso all’indipendenza economica

Milano, 6 gennaio 2019 - Lavoro come identità sociale, principale porta d’accesso all’indipendenza economica, percorso per realizzare le aspirazioni d’una persona, una famiglia, una comunità. In tempi di radicali trasformazioni tecnologiche e sociali, sul lavoro s’addensa “una nebbia che occorre diradare” per trovare nuovi equilibri personali e sociali. Come? Lo racconta Luca De Biase in “Il lavoro del futuro”, Codice Edizioni, parlando di dati sulle professioni e i mestieri che spariranno e su quelli, ben diversi, che nasceranno, di nuovi criteri di formazione sia scolastica che professionale, di politiche del lavoro e responsabilità delle imprese per premiare competenze, meriti, creatività. Dopo la Grande Crisi, viviamo tempi difficili di squilibri e cambiamenti. Da imparare ad affrontare. 

Sul lavoro, ci sono ombre inquietanti anche dietro la facciata scintillante della sharing economy, dell’economia della condivisione e non del possesso. E sono quelle dei lavori non flessibili, ma precari, incerti, mal pagati. Dei cosiddetti “lavoretti”. Proprio così Riccardo Staglianò intitola il suo nuovo libro, edito da Einaudi, con un sottotitolo polemico – “Così la sharing economy ci rende più poveri” – e una documentazione critica sui giganti del web: AirBnB, Uber, YouTube, Amazon, Google, imprese di successo che “camuffano le loro miserie dietro al racconto della modernità” e ci preparano “a un futuro senza welfare”.

Se il tramonto del “posto fisso” è una realtà diffusa, vale la pena guardare dietro quelle occupazioni (come le consegne dei pasti a domicilio o la guida di auto senza le garanzie di sicurezza per autista e passeggeri) che aumentano la disponibilità d’un servizio a basso costo, ma fanno crescere precarietà e insicurezza, a vantaggio dei profitti dei gruppi che hanno inventato e organizzato le attività. Staglianò non è un critico apocalittico, ma insiste sul bisogno di regole e trasparenza, a tutela dei diritti dei lavoratori e degli stessi utenti. Sono condizioni che sollecitano reazioni e riforme. Lo spiega un manifesto, per “Agire contro la disuguaglianza”, pubblicato da Laterza e promosso da AG.I.R.E., una sigla che sta per “Against Inequality Rebuild Equity” e sintetizza il lavoro d’un gruppo di studiosi di politica ed economia (Roberto Artoni, Salvatore Biasco, Emanuele Ranci Ortigosa, Chiara Saraceno, Lorenzo Sacconi, Nadia Urbinati, Gianfranco Viesti ed altri ancora) convinti che “contrastare la disuguaglianza sia una assoluta priorità, anche per i benefici che ne possono derivare all’economia, alla società e alla democrazia”. Come? Lavorando su fisco, welfare, istruzione, ostacolando i monopoli dei giganti del web, rendendo i mercati non un idolo ma luoghi trasparenti e ben regolati. Riformando le istituzioni economiche (lottando anche contro corruzione e criminalità). E insistendo sulle responsabilità di una buona politica che costruisca una “economia giusta”.