La svolta necessaria fra petrolio, imprese e Pil

Idee da ridiscutere, vincendo i pregiudizi, per ragionare d’un necessario “cambio di paradigma” per un migliore sviluppo economico e sociale

Milano, 13 ottobre 2019 - Idee da ridiscutere, vincendo i pregiudizi, per ragionare d’un necessario “cambio di paradigma” per un migliore sviluppo economico e sociale. E parole nuove da trovare, per evitare, oltre agli errori teorici e pratici, anche un inganno linguistico, che impedisce alle persone di capire e decidere. È indispensabile leggere, dunque. Un libro efficacissimo come “La neolingua dell’economia” di Jean-Paul Fitoussi, uno dei maggiori economisti contemporanei (insegna a Science Po a Parigi, alla Columbia di New York e alla Luiss di Roma).

E’ un’intervista, edita da Einaudi e condotta da Francesca Pierantozzi. In cui si ragiona di un impoverimento del linguaggio che distorce la conoscenza dei fenomeni economici e, dunque, la democrazia. Dici concorrenza, come valore positivo a vantaggio dei consumatori, ma nascondendo la realtà della prepotenza di monopoli e oligopoli; insisti su “riforme strutturali” senza dare conto dell’effetto dei tagli ai servizi sociali che rendono più difficile la vita di milioni di persone; proponi di tagliare le tasse ai più ricchi in modo che degli effetti della loro spesa e dei loro investimenti, per “sgocciolamento”, godano anche i più poveri ma metti in ombra l’intollerabilità delle crescenti disuguaglianze. Vanti i successi del “mercato” ma, facendone un’ideologia, dimentichi che “il mercato siamo noi”. Riprendiamoci la consapevolezza del linguaggio, insiste Fitoussi. Per non ritrovarci meno liberi e più poveri.

Anche le imprese devono fare i conti con i profondi mutamenti degli equilibri economici internazionali e le loro conseguenze politiche. Ne scrive Francesco Delzio in “La ribellione delle imprese - In piazza. Senza Pil e senza partiti”, Rubbettino, dando conto del disagio dei protagonisti, piccoli e grandi, dell’industria e dei servizi, di chi crea lavoro, benessere e innovazione e si trova nella difficile condizione di “emarginazione sociale” sotto la spinta del populismo crescente e dell’offensiva della Rendita contro la Produzione. Non resta, agli imprenditori, che imparare efficacemente anche a protestare.Per cercare, comunque, di venire a capo delle radicali trasformazioni economiche, bisogna andare oltre i luoghi comuni.

Lo fa, benissimo, Massimo Nicolazzi in un libro che stimola considerazioni originali sulle questioni dell’energia e dell’ambiente: “Elogio del petrolio” ovvero “energia e disuguaglianza dal mammut all’auto elettrica”, Feltrinelli. Il petrolio ha segnato lo sviluppo economico e civile del Novecento, ha determinato dinamismo sociale e democrazia liberale. Oggi rischia di contribuire a inquinare e travolgere tutto. Serve una transizione, verso altre fonti. Ma questa transizione costa e può determinare nuove disparità: i gilet gialli scendono in piazza contro una tassa che colpisce i prodotti petroliferi, la green economy è basata su tasse che facilitano le energie alternative ma incidono sui bilanci delle persone. Come muoversi? Servirebbe una buona, intelligente politica. Oggi, purtroppo, merce rara