La parabola del potere dal successo al tramonto

Conoscenza profonda e capacità critica e autocritica

Milano, 16 dicembre 2018 - "Invano", titola il suo nuovo libro Filippo Ceccarelli, giornalista tra i più arguti, per raccontare “il potere in Italia da De Gasperi a questi qua”, Feltrinelli. E quella parola ricorda la “vanitas”, oltre che l’inconcludenza di chi ha gestito il Paese senza riuscire a governarne le trasformazioni con lungimiranti riforme e buona amministrazione. Il libro non è una predica né un pamphlet. Ma una sapida cronaca lunga quasi mille pagine e densa di fatti e aneddoti che riguardano Andreotti, Moro, Fanfani, Berlinguer, Craxi, poi Prodi e Berlusconi. Parabole dal successo al tramonto, sino ai motti sbrigativi dell’ultima generazione, Renzi, Salvini, Di Maio. Nessun moralismo, molta ironia. E la consapevolezza che la politica è una cosa seria, ben diversa dalla semplice ancorché efficace propaganda.

Conoscenza profonda e capacità critica e autocritica guidano anche le pagine di “Magistratura e società nell’Italia repubblicana” di Edmondo Bruti Liberati, Laterza. Lunga, la carriera di Bruti, magistrato dal 1970 (le ultime responsabilità, quelle di Procuratore capo della Repubblica di Milano e di presidente dell’Associazione nazionale magistrati). E severa, la sua lettura dei fatti, all’incrocio tra giustizia e politica. Si parte dalla Costituzione, che sancisce l’autonomia del potere giudiziario, si rileggono i capitoli più controversi della storia recente, compresi quelli su “Mani pulite”, i processi alla mafia e le inchieste sul terrorismo. Esercizio della giustizia come potere, appunto. Ma soprattutto come responsabilità. Già, il terrorismo. Ci sono date cardine, nella storia recente.

Come la strage di piazza Fontana. Cui Mirco Dondi, storico all’università di Bologna, dedica il libro “12 dicembre 1969”, appunto, Laterza. Sono le 16.37 d’un pomeriggio di quasi cinquant’anni fa, aria di festa nella vigilia di Natale, quando esplode una bomba nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura aMilano. Una strage, con 17 morti e 88 feriti. Una frattura drammatica, nella vicenda d’un Paese che, dopo il boom economico, sta conoscendo tempi di benessere misti a tensioni sociali, dalla protesta studentesca del ’68 alle rivendicazioni operaie per salari più alti e migliori condizioni di vita in fabbrica. Quella bomba è l’avvio della “strategia della tensione” che segnerà l’intero corso degli “anni di piombo”. Dondi ne ricostruisce radici e retroscena, nelle manovre che legano i responsabili, i neofascisti di Ordine Nuovo, ai mandanti e ai favoreggiatori, tra organi dello Stato ostili alla democrazia e servizi segreti internazionali. Ci vorranno anni, tra deviazioni delle indagini, ombre e altri eventi drammatici (la morte dell’anarchico Pino Pinelli, l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, etc.) perché la magistratura arrivi alla verità, anche se parecchi dei responsabili di quella strage resteranno impuniti. Oggi serve sapere, per non dimenticare.