Italia e Sicilia, luci e ombre: alla ricerca della civiltà

"È in Sicilia che si trova la chiave di tutto", aveva sentenziato Wolfgang Goethe nel suo “Italienische Reise” all’inizio dell’Ottocento

Milano, 13 gennaio 2019 - «L’IItalia senza la Sicilia non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto», della bellezza e delle radici della civiltà, aveva sentenziato Wolfgang Goethe nel suo “Italienische Reise” all’inizio dell’Ottocento. «La Sicilia come metafora», sosteneva Leonardo Sciascia.

Dei contrasti tra la luce e il lutto, le ansie di cambiamento e le peggiori resistenze conservatrici, sino alla violenza mafiosa. Metafora delle felicità. E dei misteri. Ecco, sui misteri siciliani e nazionali, con uno sguardo rivolto agli Usa, si concentra l’attenzione di Enrico Deaglio in “La zia Irene e l’anarchico Tresca”, Sellerio. Un inizio romanzesco, sul lascito d’una abile agente dei servizi segreti al nipote Marcello Eucaliptus, d’una valigia piena di carte e appunti riservati. E tante pagine di storia vera, sull’assassinio, in una strada di Brooklyn, nel gennaio 1943, di un capo popolo, Carlo Tresca, amatissimo sindacalista, nemici di fascisti e mafiosi, ma anche di quegli uomini d’affari pronti a tradire Mussolini per allinearsi agli interessi del potere americani e dei nuovi partiti della futura democrazia italiana. Chi uccise Tresca? E chi, poi, nel 1947, ordinò la strage di braccianti a Portella delle Ginestre? Chi tessè le trame nere del terrorismo delle bombe e nascose i retroscena dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini? Misteri, appunto, sino alla crisi dei giorni nostri. Che l’impasto di fiction e storia, nelle abili mani di Deaglio, tenta di chiarire.

Di queste stagioni c’è traccia pure in “Storia mondiale della Sicilia”, una raccolta di saggi curata da Giuseppe Barone, Laterza: dai bicchieri di vetro vulcanico prodotti a Lipari nelle Eolie nel 4500 avanti Cristo all’attualità delle stragi mafiose della seconda metà del Novecento e della ripresa con l’economia vivace dell’oriente dell’Isola e le speranze di Palermo patrimonio Unesco e “capitale della cultura”. Nel tempo, le traversie d’una terra in cui si incrociano traffici e guerre del Mediterraneo, splendori architettonici e terribili povertà. Taglienti contrasti. Che affascinano anche John Julius Norwich, ex diplomatico e storico inglese, nella “Breve storia della Sicilia”, Sellerio, partendo dai fenici e dai greci e arrivando ai nostri giorni, passando attraverso i fasti di arabi e normanni e le decadenze della lunga stagione del dominio spagnolo, alleggerito dall’ironia d’uno spettacolare barocco. Ci sono pagine intense sull’Ottocento dei moti carbonari e dell’arrivo dei garibaldini, con il carico di speranze e illusioni (si avverte l’influenza del disincanto de “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa) e sull’inquieto Novecento. Per chiudersi con lo sbarco americano e inglese, la “liberazione”, le ombre della violenza mafiosa. Si torna, così, ai misteri. E ci si lascia con una consolazione: “Malgrado la sua storia tormentata la Sicilia resta un gioiello”. Riecco l’eco di Goethe.