Blu, grigio, rosso, nero. Ma che colore ha l’Italia?

Di che colore è un’anima inquieta?

Milano, 20 gennaio 2019 - Che colore ha l’Italia? Quello dei racconti di “Una giornata in giallo”, Sellerio: storie, tra gli altri, del commissario Montalbano di Andrea Camilleri, dei vecchietti del Bar Lume di Marco Malvaldi, di Amedeo Consonni pensionato investigatore di Francesco Recami, di Angela Mazzola, poliziotta tosta e intraprendente di Gian Mauro Costa e di Saverio Lamanna, scrittore detective di Gaetano Savatteri. Sono tutti alle prese con piccoli e grandi misteri. E proprio sul Lamanna di Savatteri vale la pena fermare l’attenzione: indaga su una “vendetta contro l’arte”, va alla scoperta d’una cittadina, Gibellina, distrutta dal terremoto del gennaio 1968 nella valle del Belice in Sicilia (e restituisce al nome del luogo il suo accento naturale, Belìce, facendo giustizia delle storpiature decennali di Tv e giornali), ironizza su una ricostruzione illuministicamente affidata ad architetti e artisti, sino a produrre “una città perfetta” amata dagli intellettuali ma molto meno apprezzata dai suoi abitanti. L’indagine di Lamanna è puntuta, sarcastica. Tanto da far dire ad Antonio D’Orrico, sofisticato critico letterario del “Corriere della Sera”, che Savatteri è “l’unico erede di Ennio Flaiano che abbiamo”, e “non scrive mai a vanvera e sa flaianeggiare alla grande sull’Italia di oggi”. L’Italia può anche avere il colore blu della malinconia, quello nero del dolore e quello rosso di una stagione della storia da “anni di piombo”. Li si ritrovano tutti nelle pagine intense di “Ognuno riconosce i suoi” di Elena Rausa, Neri Pozza.

La protagonista, Caterina, tiene un diario della vita tormentata, che racconta ad alta voce al cugino Michele, in coma profondo in ospedale, sperando di risvegliarne un barlume di vita. Memorie familiari di poche felicità e frequenti tensioni, adolescenze ribelli, lo sprofondare d’una zia, Anna, nei meandri delle Brigate Rosse e nella cupezza della galera, nel 1978 dell’assassinio di Aldo Moro. Una nonna coraggiosa che si fa carico della tragedia della figlia terrorista (“Il diritto di piangere non era mica nostro” è la frase più dolente e bella del libro, pensando allo strazio dei familiari delle vittime della violenza). Uno snodarsi faticoso di misteri, pubblici e privati. Che colore ha, la sconvolgente scoperta d’una verità troppo a lungo celata? L’Italia è sotto una coltre grigia, di passioni mal sopite e peccati non dimenticati, che emergono dalle pagine di “Luna di miele” di Giorgio Scerbanenco, un romanzo del 1945 del padre del noir italiano appena ripubblicato da La nave di Teseo. Sullo sfondo di un’Italia avvilita dalle macerie della guerra, ecco un matrimonio finito male, una passione amorosa riscoperta, un delitto, un sacerdote caritatevole ma impiccione, un amore folle e proibito difeso sino alle conseguenze estreme. Scerbanenco è maestro di caratteri e atmosfere, sottile indagatore di psicologie contorte. Di che colore è un’anima inquieta?