Gli individui e il conflitto tra la pulsione e le regole

Vecchie e nuove mappe per navigare nei mari della crisi

Milano, 23 settembre 2018 - Vecchie e nuove mappe per navigare nei mari della crisi. “Il disagio della civiltà”, aveva scritto nel 1930 Sigmund Freud. “Il disagio della postmodernità” è il titolo di una delle più importanti opere di Zygmunt Bauman, scritta nel 1997 e adesso in libreria per Laterza.

In quasi un secolo molto è cambiato nella faticosa costruzione dei rapporti tra persone e società, ma rimane sempre acuto quel “disagio”: la consapevolezza del conflitto tra pulsioni umane e regole, libertà e vincoli, ricerca di bellezza e piacere e tendenze distruttive dell’individualismo. Spiega Bauman, parlando di morale e giustizia, cultura come “cooperativa di consumatori”, verità di scienza e arte: “Il tipico disagio della modernità derivava dal fatto di dover pagare la sicurezza restringendo la sfera della libertà personale e quindi dal non poter impostare la vita sulla ricerca della felicità. Oggi nella postmodernità la ricerca del piacere è talmente disinibita che è impossibile conciliarla con quel minimo di sicurezza che l’individuo libero tenderebbe a richiedere”. La strada per la felicità è sempre accidentata. La crisi cambia segno, resta il dolore. Su temi analoghi si confronta Christopher Lasch, uno dei maggiori storici delle idee del Novecento, in “L’io minimo” ovvero “sopravvivenza psichica in tempi difficili”, un libro del 1984 ancora più importante del suo predecessore di successo, “La cultura del narcisismo” e ora pubblicato in Italia da Neri Pozza. L’io sovrano ha visto ridursi gli spazi dell’egoismo cedendo a un “io minimo” che paga lo sradicamento progressivo e la fine delle speranze “di un’azione politica capace di rendere via via più umana la società industriale” segnata da crescita dei consumi ma anche delle diseguaglianze. Nell’analisi, venata di pessimismo ma per molti versi profetica (Lasch affronta più di trent’anni fa questioni diventate oggi di tagliente attualità), si contrappongono “poteri globali” e “mente globale” a persone ridotte ai margini. E si commenta: l’identità dell’individuo è un lusso, perché “l’identità implica radici, una storia personale, amici, una famiglia, il senso d’appartenenza a un luogo”. Viviamo dunque “sradicamenti”. Se ne esce? Con un nuovo senso di comunità, dato che “né Narciso né Prometeo ci guideranno fuori dalla condizione in cui ci troviamo”.

Con questa crisi fa i conti pure Massimo Recalcati, psicanalista autorevole, in “I tabù del mondo”, Einaudi. Il narcisismo e l’individualismo sfrenato hanno rotto regole, confini e limiti. La trasgressione non implica alcun sentimento di violazione. Ma non viviamo comunque vite felici. Occorre allora ripensare criticamente i tabù e le figure del mito e della letteratura (Ulisse, Antigone, Edipo, Medea, Caino, Isacco, Amleto, Don Giovanni) e ridare valore a parole forti, come preghiera, lavoro, desiderio, giustizia, famiglia, riscrivendo un’etica dei comportamenti personali e sociali.