Economia e democrazia, dalla crisi all’era del web

Capire d’economia aiuta la democrazia

Milano, 4 novembre 2018 - Capire d’economia aiuta la democrazia. Non siamo di fronte a una scienza esatta, ma a un insieme di giudizi e previsioni opinabili, sempre comunque fondati su dati e fatti. Le scelte economiche variano, se si seguono le analisi di John Maynard Keynes o quelle di Milton Friedman e dei suoi “Chicago boys” liberisti.

Ma su nulla si può discutere se non con competenza e conoscenza, e al riparo dalle distorsioni di ideologie schematiche. Da opinione pubblica responsabile, vale la pena cercare di capire, studiare, leggere. Cosa? “Anni difficili” di Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, pubblicato da Il Mulino. Fragile economia, quella italiana. Restia a riforme coraggiose e ansiosa invece di scorciatoie. Visco, forte d’una lunga esperienza di studio e d’intervento da banchiere centrale, insiste sull’innovazione, la dinamica positiva dei mercati ben controllati, la distribuzione equa della risorse create dall’intraprendenza economica, per non compromettere la stabilità sociale. Serve un contesto favorevole agli investimenti delle imprese, mirati a creare lavoro. Una formazione qualificata. E una seria attenzione all’Europa. Non esiste sviluppo economico se non in un positivo contesto di relazioni internazionali, senza dannosi protezionismi. È necessario anche fare tesoro della storia.

Come suggerisce “Lo schianto” di Adam Tooze, Mondadori: un’indagine ben documentata sulla stagione 2008-2018: “Un decennio di crisi economica che ha cambiato il mondo”. Nessuna indulgenza per i miti sulla globalizzazione comunque positiva per tutti. Semmai, un’analisi sulle radici della crisi (le disuguaglianze, la rapacità finanziaria, le “bolle” speculative a vantaggio di pochi), le illusioni e poi il crescere delle proteste, sino ai populismi attuali, alimentati da paure e chiusure di protezione. Sono state salvate le banche, è vero. E troppo protetti molti potenti banchieri. Serve comunque un equilibrio maggiore e migliore tra credito, consumi e attività produttive. Perché senza credito ben gestito non c’è alcuna possibilità di sviluppo economico, né per le imprese né per le famiglie. Sfida economica. E, naturalmente, politica. Stanno infatti cambiando tutti i paradigmi secondo cui abbiamo letto l’economia e cercato di governarne i processi. Siamo di fronte a un “Capitalismo senza capitale”, come spiegano Jonathan Haskel e Stian Westlake per Franco Angeli su “l’ascesa dell’economia intangibile” (appena uscito sui mercati anglosassoni era stato selezionato come “libro dell’anno 2017” da “The Economist” e “Financial Times”). Il valore economico non dipende più tanto da fabbriche e macchinari, ma da Internet, network, attività di ricerca, brevetti, marchi. L’economia digitale trasforma tutto, anche la manifattura. Bisogna saper dare risposte a problemi nuovi e inediti conflitti che riguardano lavoro, ricchezza, partecipazione, senso del tempo. Difficile metamorfosi.