Cultura, bellezza e ombre: l’Italia fa autocritica

L’Italia come paradigma. Non di debolezze, ambiguità e vizi ma di cultura, curiosità, apertura mentale, senso della bellezza

Milano, 24 dicembre 2017 - L’Italia come paradigma. Non di debolezze, ambiguità e vizi criticati da opinioni pubbliche che altrove nel mondo celano spesso ben più inquietanti e torbide ombre. Ma di cultura, curiosità, apertura mentale, senso della bellezza. Italia sguardo sofisticato sui cambiamenti. Senza retorica di potenza né arroganza di primato. Ma con capacità critica e autocritica. Italia mediterranea e internazionale. Ci sono testimonianze esemplari nelle pagine di Storia mondiale dell’Italia, curata da Andrea Giardina, Laterza. Un gioco di prospettive, fuori dai luoghi comuni su “radici” e “identità” e con attenzione, semmai, per gli incroci, anche conflittuali, di civiltà e culture. Si parte dall’Italia “prima dell’Italia”, con le Alpi dell’uomo di Similaun (3.200 a.C), si arriva all’attualità di Lampedusa. E ci si addentra in date e dati, dall’impero di Roma alla decadenza, dalla forza storica della Chiesa alla vivacità delle repubbliche di Genova e Venezia, dal Rinascimento come metafora universale ai confini per una contemporaneità di guerre e rinascita nel segno dell’Europa. È un’Italia forte per “heritage”, sinonimo non tanto di “eredità” ma di “patrimonio culturale”. E da far valere. Ecco, l’Italia che sta a Lampedusa, cuore del Mediterraneo eppur frontiera, scoglio di mare aperto, “lampas” e cioè faro che segna il porto, inizio dell’Europa.

Luogo d’approdo, di speranze e dolore. I sommersi e i salvati. Raccontati dall’occhio vigile di Davide Enia in Appunti per un naufragio, Sellerio: «Ho visto sbarcarvi migliaia di persone, ho incontrato il personale medico e gli uomini della Guardia Costiera, ho mangiato a casa dei residenti, sono uscito in barca con i pescatori, ho ascoltato ragazzi sopravvissuti alla traversata e ho dialogato con i testimoni diretti». Su Lampedusa e i migranti s’è scritto di tutto, e spesso male. Vi si sono intrecciate emozioni e paure, retoriche cariche d’inciviltà ma anche di melensi “buoni sentimenti” al caldo di posizioni protette. Vi si giocano scelte politiche che nulla hanno a che fare con le caratteristiche italiane ed europee dell’accoglienza ben regolata e organizzata. Italia, cultura aperta. Lo conferma Corrado Augias in Questa nostra Italia, un viaggio attraverso “i luoghi del cuore e della memoria”, Einaudi: la bellezza e la cultura, una identità in cambiamento fondata su lingua e letteratura, sulle pagine di Leopardi e Gobetti, sull’arte che anima le grandi città, su un gusto del paesaggio che ancora resiste, nonostante tutto (gli scempi dell’ambiente, l’incuria, le speculazioni avide su cui incombono ombre di mafia). C’è un “lessico famigliare”, i ricordi di parenti cari. E un’attenzione consapevole su certi caratteri nazionali, la burocrazia d’impronta romana, l’industriosità borghese milanese, il senso della commedia a Napoli e della tragedia a Palermo. Un’Italia, comunque, da salvare e amare, con spirito critico e civile.