Il venditore di sigari e il potere dell’odio Quel filo rosso dalla Shoah ai social

Berlino dopo la guerra e i destini incrociati di un professore ebreo e di un negoziante tedesco. Neppure la tragedia riesce a metterli d’accordo, metafora dei tempi. E la lezione è ancora valida

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Il venditore di sigari, il capolavoro teatrale di Amos Kamil in scena da più di dieci anni al Litta con un grandissimo successo di pubblico e critica, torna al Teatro Litta di Milano dal 26 gennaio al 5 febbraio. La questione ebraica dopo la Shoah è il tema centrale di uno testo scomodo ma indispensabile come quello uscito nel 2010 e portato con coraggio in scena dal regista Alberto Oliva e interpretato in maniera carnale e commovente da Gaetano Callegaro (Herr Gruber, il negoziante) e Paolo Cosenza (Doktor Reiter, il cliente).

Berlino 1947, ore sei e trenta. Nella Germania appena uscita dalla guerra, tutte le mattine alla stessa ora, due uomini si incontrano: un professore ebreo che vuole partire per fondare lo Stato di Israele e il proprietario di una tabaccheria, dall’aspetto tipicamente tedesco. Sono sopravvissuti alla tragedia che ha appena sconvolto e quasi annientato un popolo intero. Si attaccano, si rinfacciano colpe reciproche e recriminano sui torti subiti, fino a scoprire dolorosamente quanto gli obblighi della Storia possano condizionare il modo di agire dei singoli individui, quando, completamente soli, devono affrontare il destino. Si gioca una partita in cui è impossibile giudicare vincitori e vinti, vittime e carnefici camminano su un piano in bilico. Nascere tedesco nel 1920 significava essere condannato a diventare carnefice, nascere ebreo era la condanna ad essere una vittima. In entrambi i casi, la ribellione a questi destini opposti poteva costare cara.

A quali compromessi un essere umano, da solo, è disposto a scendere quando si trova sull’orlo dell’abisso? Lo spettacolo, partendo dalla questione ebraica, parla a tutti, perché tutti prima o poi siamo chiamati a fare i conti con la nostra identità e a scegliere tempi e modi della nostra partecipazione sociale.

"Suscita una strana emozione ritornare a lavorare su questo spettacolo, in scena dal 2010, e riscoprirne la straordinaria attualità nell’Italia di oggi, così simile e così diversa nel breve volgere di pochi anni – spiega il regista Oliva – La pandemia ci ha molto cambiati e oggi ci sentiamo in qualche modo più vicini ai sopravvissuti dopo una guerra, quando finalmente si torna a una nuova normalità e si cerca soprattutto di ricominciare a pensare al futuro. Ma, sentendo risuonare nuovamente le parole di Kamil, mi rendo conto di quanto questi anni abbiano anche, purtroppo, alimentato un clima di rabbia e di odio che scaturisce dal pregiudizio. Il fenomeno degli “haters” si è sviluppato a dismisura e, senza averlo voluto quando ha fatto il suo primo debutto, Il venditore di sigari mette a tema proprio questo, focalizzando l’attenzione su un uomo che sceglie un bersaglio tanto preciso quanto pretestuoso per dar sfogo a tutta la sua frustrazione e rabbia. Credo che affrontare di nuovo il testo da questo inedito punto di vista possa dargli ancor più valore. L’odio non è una faccenda delle persone ignoranti, come oggi si tende a pensare per stigmatizzare e circoscrivere il fenomeno che imperversa sui social e copre di fango quasi tutti i personaggi che emergono dall’anonimato, facendoli bersaglio di insulti spesso gratuiti e pesanti. Nel testo di Amos Kamil l’odio è prerogativa di un professore di grandissima cultura. Questo forse ci aiuta a capire che a suscitare questo tipo di accanimento sociale sono motivazioni antropologiche e tanta sofferenza. Perciò l’antidoto non sta nel moralismo, ma nella capacità di ascoltare l’altro ed entrare veramente in dialogo superando le barriere del pregiudizio".