"Il mecenate deve regalare la bellezza a tutti i cittadini"

Giovanna Sacchetti, presidente della Fondazione: più arte pubblica a Milano. Bisogna lasciare un segno nel proprio tempo, non per la gloria di se stessi

di Stefania Consenti

Era andata via da Milano nel 1985, lasciando una città grigia, spenta. Ma tre anni fa ha deciso di ritornare, con la voglia di mettersi al servizio della comunità. "L’ho ritrovata cambiata, più vivace, internazionale", dice Giovanna Sacchetti, accogliendoci nella sua splendida casa in piazza Belgioioso. È presidente della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti, istituita nel 2013, per realizzare una forma di “mecenatismo contemporaneo” in cultura, ricerca e solidarietà.

Chi è oggi il mecenate?

"Una persona che si adopera non per la gloria di se stesso, ma per la collettività. Con l’obiettivo di regalare la bellezza a tutti".

Sono vari i progetti che Fondazione Sacchetti ha portato a termine in pandemia. A Roma il restauro di Palazzo Orsini-Casa Litta, a Milano il restauro della Madonna con Bambino di Mantegna al Poldi Pezzoli...

"Quando la direttrice Annalisa Zanni mi ha chiesto aiuto non ci ho pensato un solo istante. L’Opificio delle Pietre dure di Firenze ha realizzato un restauro di valore, che ha portato alla scoperta di un nuovo Mantegna. Prima a Milano c’era stata la collaborazione con la Pinacoteca di Brera che ha reso anche possibile esporre le collezioni Jesi e Vitali nelle Sale Napoleoniche, in attesa di Palazzo Citterio. Inoltre, anche durante la pandemia, non è mai mancata la collaborazione con il professore Garattini così come l’appogggio morale del finanziere Jody Vender".

Quale progetto è stata felice di realizzare?

"Ho lavorato con entusiasmo alla donazione di un’opera del maestro Giuseppe Penone, artista che ci invidiano in tutto il mondo, al Parco Trucca, a Bergamo. Volevamo lasciare un ricordo ma anche un tangibile segno di speranza dopo due anni di pandemia che a Bergamo ha lasciato una traccia particolarmente dolorosa. Credo nella condivisione dell’arte e questa donazione l’ho sentita necessaria per tutti noi e, in particolare, per la comunità della città colpita dal Covid".

Il sogno che le resta da realizzare?

"Adoro l’arte contemporanea...non si vede? (Lo dice indicando, nel salotto, due enormi opere acquistate a New York) anche se la mia prima passione sono i mobili di antiquariato. Trovo che l’arte pubblica possa essere uno strumento generativo di bellezza e andrebbe incentivata a Milano. Io sono pronta a sostenerla. Ma pare non ci siano piazze libere...Chiedo di facilitare con una legislazione più favorevole, le norme stringenti sulle donazioni. Troppa burocrazia frena il mecenatismo. Anche se mi piacerebbe più impegno da parte di tutti i privati".

Lei ama l’arte anche per merito di suo marito Giulio la cui vita è stata votata alla cura di residenze papali, a restauri come la Cappella Sistina.

"Ricordo indelebile, ho fatto mia una sua frase: “Dobbiamo lasciare un segno del nostro tempo“. E io credo di averlo fatto, seguendo il suo insegnamento con Kounellis, Paladino e Penone, tre segni del nostro tempo".

mail: stefania.consenti@ilgiorno,net