Cristina e Julian: due cuori, il Mirta

Chef uruguaiano, prodotti a km zero e passione "Qua si fa cucina tradizionale. Con orgoglio"

di Paolo Galliani

Coincidenze? Chiamiamole così. E con reverenza. Perché marcano la vita e spesso le danno un senso. Come fare incontrare un uruguaiano nato e cresciuto sul Rio de la Plata e un’italiana con sangue etrusco nelle vene, in un centro educativo di Milano dove lei lavorava come educatrice professionale e lui faceva volontariato cucinando per i piccoli ospiti. Dopo la coincidenza, la complicità e la storia tra Juan Lema e Cristina Borgherini. La coppia mista per un po’ di tempo si trasferisce in Sudamerica salvo poi tornare a Milano e cercare una strada segnata nel destino: aprire un locale al Casoretto, a ridosso di viale Padova, a un niente dal NoLo che si atteggia da periferia neo-trendy, riuscendo a regalare una vera “trattoria di mercato” con affaccio su piazza San Materno. Indirizzo dedicato: si chiama “Mirta”, dal nome della mamma di Juan. Ed è un indirizzo quasi militante, come spiega lo chef: "Qui si fa cucina tradizionale italiana normale". E giù con la descrizione dei piatti che questa Fort Alamo dei “prodotti del mercato” cerca orgogliosamente di difendere. Cristina annuisce, regista amabile di un’accoglienza che si vede nel piatto e tutt’attorno, ambiente informale tipo bottega-ristorante di quartiere e un’atmosfera che i gourmet dimostrano di apprezzare assieme all’ottima cucina e ai prezzo più che corretti (“primi” da 11-14 euro, “secondi” da 15-19 euro). Via con gli assaggi. C’è la “testina di vitello in umido”. C’è il gettonatissimo “galletto disossato cotto alla brace”. Ci sono zuppe, ravioli ripieni, paté di fegatini. E c’è il “Mondongo”, ricetta-bandiera dello chef, sorta di minestrone di trippa di vitello: trippa bollita poi scolata, fagioli bianchi cotti a parte, soffritto con sedano, carote, cipolle, aglio, verza assieme a carciofi, patate e zucca. Juan gongola: "Il Mondongo è in carta perfino in estate". E commenta: "A Milano, un piatto simile è ormai desaparecido". Ha ragione.

Ed è la grandezza di questo locale che in tempi non lontani praticava una sorta di “resistenza umana”, chiudendo il sabato e la domenica "perché, con i figli piccoli, non potevamo sacrificare tutta la vita per il lavoro". Oggi, Juan e Cristina sono riusciti ad aggiudicarsi un delizioso dehors nello spazio antistante. E i giorni di chiusura sono diventati domenica e lunedì. Curiosità: la vetrina che fa da ingresso è rivestita da adesivi che testimoniano l’attenzione riservata al “Mirta” dalle guide gastronomiche. Cristina sorride. E il geniale cuoco si congeda con un aforisma: "Nella vita, meglio essere simpatico e piacere agli altri che stare loro sulle scatole". Diavolo di un uruguaiano!