Alla scoperta dell’ignoto: 400 artisti, nessuna risposta

In Triennale mostra "Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries". Dai sensi sconosciuti ai segreti custoditi dallo spazio, tra Africa e Ucraina

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"Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries". E a riflettere sull’ignoto la Triennale ha chiamato 400 tra artisti, designer e architetti provenienti da più di 40 Paesi. Un caleidoscopio di idee. Solo domande, quelle giuste, nessuna risposta preconfezionata. Perché verità non ce ne sono, quando si cerca l’essenza dell’ignoto. Sono 23 le partecipazioni internazionali da tutto il mondo, una volta tanto con il lodevole dominio dell’Africa, che ha sei padiglioni, e dell’Ucraina. Manca la Russia al cui governo è stato ritirato l’invito a partecipare dopo la scoppio della guerra.

All’ingresso del palazzo della Triennale il primo approccio è con una torre alta 12 metri, decorata con interpretazioni contemporanee di motivi tradizionali dell’architettura del Burkina Faso. Si tratta di uno dei quattro progetti di Francis Ke’re’, premio Pritzker per l’architettura, che ha realizzato installazioni sulle immagini e le voci del continente africano che scandiscono il percorso di visita. "Il filo conduttore delle quattro installazioni – spiega Ke’re – è l’invito ai visitatori a usare tutti i sensi, ricordano che esiste una conoscenza troppo spesso trascurata che dovremmo riscoprire per affrontare gli “Unknown Unknowns“ che ci attendono". Per esempio nella Torre, dove si consiglia di entrare, "bisogna dimenticare i fardelli che ci portiamo dietro, spostando lo sguardo verso l’alto per rendersi conto che tra noi e il cielo c’è uno spazio per l’immaginazione".

Al cuore della 23esima Triennale Internazionale c’è la mostra tematica curata dall’astrofisica Ersilia Vaudo, che racconta del cosmo e delle sue profondità inimmaginabili, ma anche della polvere, della matematica, del primo dipinto in cui è raffigurata la Via Lattea e del suono della Terra. Il mistero di ciò che non sappiamo neppure di non sapere. "Questa non conoscenza – spiega la curatrice – diventa un enorme stimolo, la voglia di un’avventura a cui lasciarsi andare. L’ignoto è un invito, è il piacere di una prospettiva che si allarga, qualcosa di nuovo entra in questa prospettiva e si mette in atto una trasformazione. Il senso è abbandonarsi a ciò che non si conosce e a farsi accogliere da ciò che non si conosce, non stabilendo una distanza". Eppure la distanza è ovunque, sia nei confronti del piccolissimo, sia in quello del lontanissimo. Ma viene superata anche grazie al dialogo tra le discipline, al confronto fecondo tra i diversi linguaggi della scienza e dell’arte che trovano una sintesi. Come nel caso delle sfere d’argilla di Bosco Sodi o nella collisione tra galassie di Refik Anadol, una sintesi anche commovente. "Siamo felici – ha presentato così la mostra il presidente della Triennale, Stefano Boeri – perché questo è davvero un arcipelago, ci sono voci diverse, da punti di vista diversi, con un tema comune che oggi è un tema emergente: la sensazione che l’universo sconosciuto fosse molto più ampio di quanto pensavamo fino a qualche anno fa, la pandemia per esempio ci ha fatto conoscere un organismo sconosciuto che ha avuto effetti sconosciuti e di cui non conosciamo le prospettive. Non solo: l’universo ci ha fatto vedere delle profondità e dimensioni sconosciute; stiamo camminando su un pianeta che non conosciamo: ne conosciamo 12 chilometri su 12mila. È un tema fortissimo e siamo molto orgogliosi perché la Triennale lo affronta come prima al mondo".

Il percorso della mostra è avvolgente, fatto di continue piccole epifanie, che scendono dall’alto come le voci di Antonio Damasio o di Carlo Rovelli nelle “Listening Chambers“, le camere d’ascolto. "Il nostro dialogare con l’ignoto è limitato anche dalla nostra sensoriali – spiega Vaudo –: i nostri cinque sensi sono quello che sono per permetterci di evolverci, non per permetterci di comprendere la realtà intorno a noi. Ma questa è una realtà, che anche se ci prescinde, ci contiene e ci appartiene". La realtà, forse il più grande dei misteri che ci troviamo a fronteggiare nella vita. Il messaggio è chiaro: dobbiamo attraversare e abitare questi misteri senza angoscia, ma come un’opportunità.