Il Giorno ai tempi di Gianni Brera: “Calcio sì, ma l’atletica era il suo vero amore”

La cronaca dei primi ruggenti anni del Giorno, raccontati dal "biografo" del quotidiano, Vittorio Emiliani

La redazione del Giorno, con Gianni Brera (evidenziato)

La redazione del Giorno, con Gianni Brera (evidenziato)

Gioan Brera fu Carlo. Così amava presentarsi il grande giornalista-scrittore che fu uno dei grandi punti di forza e di attrazione del Giorno. Il suo compagno di avventure sportive, inimitabile specialista del ciclismo su strada e ancor più su pista: chi avrebbe mai saputo della “zeriba” del Vigorelli durante la Sei Giorni senza il Mario Fossati di Monza? Ma Gianni Brera grande sostenitore di un calcio "all'italiana" che prevedeva un libero capace di difendere e di impostare. In rovente polemica con i colleghi sportivi tutti napoletani sostenitori di un calcio offensivista, poco tattico, per cui il “Corriere della Sera” era “Napoli sera”. A Milano. 

Infinite sono state le invenzioni linguistiche. Le famose “maldinate” distrazioni difensive del pur grande Cesare Maldini. O le inimitabili “fantasie” del grande trio Rijkaard-Van Basten-Gullit. Si sfogava linguisticamente ancor più sull'Arcimatto del Guerin Sportivo. Mi dedicò un inizio della rubrica scrivendo che credendo che io fossi dei Galli Iriati di Voghera aveva scoperto che venivo dalla tribù degli Statelli della Romagna collinare.

Scriveva molto di calcio, ma sapeva tutto di atletica e anche del ciclismo su strada dove amava maggiormente Coppi più completo come passista formidabile ma come uomo e scalatore (a fine carriera velocista) stimava Ginettaccio Bartali. Era esperto di boxe, sport praticato in gioventù: memorabili certi suoi pezzi su Benvenuti, Griffith, Mazzinghi. Ma l'atletica era forse il suo vero amore. Ricordo che alle Olimpiadi correva un americano con in testa un berrettino bianco. Nessuno lo dava per favorito. Brera invece dava “berrettino Wottle” vincente e così fu. “Repubblica” che era nata quasi senza sport con Gioan Brera fu Carlo di San Zenone Po fece un grande salto di qualità. Come si poteva non leggere Brera?

 

Il Giorno “sportivo” ai tempi di Brera

Quando nel 1956 uscì il primo numero del Giorno diretto da Gaetano Baldacci divenne subito il mio giornale. Frequentavo all'università di Pavia la facoltà di Giurisprudenza, dopo che mio padre segretario comunale a Voghera, era insorto alla mia idea di iscrivermi a Lettere moderne.

“Tua sorella Adriana laureata in Lettere, tuo fratello Andrea iscritto a Lettere per Storia dell'Arte a Bologna, tua sorella Rina maestra sposata con un artista... Non puoi scegliere qualcosa di pratico?”. Il tono era imperativo e io cedetti. Scelsi Giurisprudenza anziché, per esempio, Scienze politiche e fu subito una frustrazione delle più tristi. Diedi tutti i diritti pubblicistici, anche se i primi due di Diritto Romano e di Istituzioni di diritto romano, avendo per docenti il clericale Gabrio Lombardi e il fascista Sargenti, ebbero un esito sconfortante: uno striminzito 21. E quando si comincia così rimontare poi è arduo.

Per fortuna era uscito il Giorno che dal primo numero era diventato il “mio” giornale. Quella impaginazione vivace alla Daily Express, la vignetta di Cummings, i titoli brillanti e dentro articoli sintetici e coinvolgenti. La pagina dei fumetti spesso pungenti oppure maliziosi, irriverentì. Tante rubriche, a cominciare da quella americana di Art Buchwald per continuare coi raccontini divertenti quanto agri spesso di Giancarlo Fusco.

Il giornale girava parecchio fra i giovani sul treno dei pendolari del mattino e fra quelli che si dirigevano verso le varie sedi dell'Università. Inizialmente conteneva poco sport. Finché non arrivò Gianni Brera che, fatto malamente fuori dalla Gazzetta dello Sport, aveva tentato senza fortuna un suo Sport Giallo ed esibiva i suoi talenti sul Guerin Sporivo. Troppo poco per la sua qualità davvero rara in più campi: dall'atletica al calcio, alla boxe. 

Con Brera – che si divertiva anche a scrivere di cucina, di risotti gialli e di rane fritte, di cacciagione di terra e di cielo – lo sport del Giorno divenne un punto di vera forza: col Mario Fossati che sapeva tutto del ciclismo su strada e su pista nonché dell'ippica sia trotto che galoppo, col Pilade Del Buono fratello minore di Oreste, che reggeva col Giulio Signori esperto di nuoto l 'organizzazione redazionale. E poi accanto ad un esperto come Angelo Pinasi crescevano nuove leve come Ruggero Palombo e il giovin signore di Como, il tennista Gianni Clerici, un asso, Marino Bartoletti, allora al basket poi passato alle canzoni, collaborava attivamente Francesca Sanipoli, punto di forza poi in Rai.