Dal tormento all'estasi: due cronache di Gianni Brera sulla Nazionale

La "goffa e vergonosa" sconfitta dell'Italia contro la Corea del Nord nel 1966 e l'"epica" vittoria contro al Germania dell'Ovest nel 1970

Tormento ed estasi. In quattro anni. Da un Mondiale all'altro con un salto carpiato dallo strame allo zucchero caramellato. Italia-Corea del Nord 0-1 e Italia-Germania 4-3 sono gli antipodi cui sta sottesa e riassunta la storia del calcio italiano. Capacissimi, i nostri rappresentanti in punta d'alluce, di far ridere anche polli di cattivo umore. O di far piangere avversari fortissimi. Lo sanno anche i sassi (che il mare ha consumato) quanto riusciamo a essere sciagurati. Ma pure bravi. 

Ai Mondiali del 1966, in Inghilterra, la nostra Nazionale arriva con buone credenziali e un filotto di amichevoli vinte finanche bene. Il commissario tecnico è il bolognese Edmondo Fabbri, detto Mondino. Nella sua carriera da allenatore spiccano le quattro promozioni consecutive con il Mantova, dalla serie D al massimo campionato. In azzurro Fabbri cerca il compromesso di forze tra i giocatori dell'Inter e del Bologna, con predominanza di rossoblù.

C'è poi Rivera. Il giovane Riva, già tuonante, sta tra i riservisti. Nella fase a gironi l'Italia batte il Cile 2-0, ma poi perde 0-1 contro un'Unione Sovietica dalla porta blindata di Lev Jascin. Per andare ai quarti basterebbe un pareggio. Contro gli sconosciuti coreani del nord. «Sono una banda di Ridolini» assicurano gli osservatori di Fabbri. Ma non c'è molto da ridere: gli asiatici sono allenatissimi con metodi ferrei, a metà strada tra caserma e arti marziali. E che sarà mai? I nostri vanno sull'erba di Middlesbrough, il 19 luglio 1966, convinti di farne merenda, ma l'amara sorpresa è che la Corea è tutt'altro che una comica e tiene botta.

Gli azzurri, oltretutto, restano in dieci causa acciacco a Bulgarelli. Nel calcio di allora non c'erano ancora i cambi. Così a un certo punto del finale di tempo i mal presunti Ridolini passano in vantaggio con Pak Doo Ik, smarcato in area da un colpo di testa di rimpallo: con vispo destro in diagonale Pak sorprende Albertosi. E poi, nonostante l'assedio italiano nella ripresa, il risultato resterà incollato alla rete di un dentista qualificato come tale, che però in vita sua non caverà un dente a chicchessia. Corea ai quarti e Italia a casa. Per l'onta consumata a Middlesbrough, tra le risate e i motteggi del pubblico inglese, un Paese va in rancorosa depressione.

All'indomani Gianni Brera, sul nostro giornale, userà lo staffile: «Giornata amara, giornata di vergogna. Una mesta broccaggine sembra essersi impadronita dei nostri giocatori. Undici ragazzi coreani sprovveduti di tecnica ma non certo di coraggio né di slancio hanno messo sotto, votandoli ad un’ignobile fine, i nostri miliardari, esaltati da megalomani dei quali purtroppo siamo stati complici. Mi mancano parole per esprimere il dispetto che ha preso tutti noi all’indegno spettacolo cui abbiamo assistito. Credo che abbiamo toccato il fondo e poiché quasi tutto è storto nel nostro calcio e costume sportivo inerente il calcio, debbo, per consolarmi, pensare che questa figuraccia giovi a riportarci su piani meno scandalosi nei confronti del mondo intero. Lasciamo il campo di Middlesbrough fra risate giustamente beffarde e ingiuriose. Eravamo venuti strombazzando prezzi ed ingaggi favolosi, mezzi miliardi, milioni a centinaia per brocchetti vuoti come canne, paurosi e imbelli al punto da sdegnare chi appartiene al loro paese e da esilarare chiunque, conoscendoli famosi, li ha veduti goffi e inutili».

L'aereo con i nostri depressi rappresentanti atterrerà a Genova, accolto da pomodori e uova (presumibilmente) marce. Quanto alla Corea del Nord, in pieno orgasmo agonistico e con autostima elefantiaca, rischiò di arrivare in semifinale: aveva segnato tre gol (a zero) al Portogallo di Eusebio. Poi la Pantera si destò e colpì con tre unghiate. Alla fine i nipotini di Pessoa vinceranno 5-3.

COREA DEL NORD-ITALIA 1-0

COREA: Ri Chan Myung; Rim Joong Sun, Sin Yung Kyoo; Ha Jung Won, O Youn Kyung, Im Seung Hwi; Han Bong Jin, Pak Doo Ik, Pak Seung Jin, Kim BongHwan, Yang Sung Kook. CT: Miung Rye Hyun. ITALIA: Albertosi; Landini, Facchetti; Guarneri, Janich, Fogli; Perani, Bulgarelli, Mazzola, Rivera, Barison. CT: Edmondo Fabbri. ARBITRO: Schwinte (Francia) MARCATORE: Pak Doo Ik al 42’ del p.t.

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Quattro anni dopo erano cambiate molte cose. L'Italia si presenta ai Mondiali del Messico alla guida del selezionatore triestino Ferruccio Valcareggi. Due anni prima gli azzurri avevano vinto gli Europei e ora andavano a giocarsi la rinfrescata stima ad oltre 2000 metri di quota dell'eccelso altopiano azteco. Come da nostrano costume, la spedizione era accompagnata da polemiche, in primis sulla celebre e tormentata staffetta tra Mazzola e Rivera. Valcareggi non li vedeva entrambi in campo così aveva optato per una soluzione più politica che salomonica. Rivera ce l'aveva poi coi giornalisti, a suo dire invasivi in tema di formazioni e filosofie di gioco (sopratutto con Brera). Nella fase a gironi l'Italia vince con la Svezia 1-0 e poi fa pari con Uruguay e Israele. Ma nei quarti, contro il Messico, i nostri debordano 4-1. Una quaterna beneaugurante per l'imminente futuro.

I tedeschi dell'Ovest (l'Est sta ancora oltre la cortina di ferro sovietica) arrivano alla semifinale ruggendo: nei quarti hanno rimontato e sconfitto 3-2 i campioni del mondo uscenti dell'Inghilterra, vendicandosi della finale persa nel '66. Il 17 giugno 1970, nello stadio Azteca di Città del Messico andrà in scena un melodramma giocoso in quattro tempi (i due regolari e i due supplementari) del Partido del Siglo, la Partita del Secolo.

Tutti, anche i sassi già citati e i refrattari al calcio, sanno che Italia-Germania Ovest finì 4-3 per noi ed entusiasmò il mondo intero per l'agonismo a tratti disperato con cui fu giocata a debito d'ossigeno, ma con orgoglio e senso dell'epica davvero rari, almeno per noi italiani. La partita del secolo (ma bisognerebbe dire i Supplementari del Secolo) tenne svegli in Italia, per fuso orario, almeno trenta milioni di persone, diventando festa di piazza, fenomeno di costume, commedia, film, leggenda, mito.

Da quel confronto epocale uscì con le stimmate del beato soprattutto Rivera autore del gol risolutore nel finale del secondo supplementare. Onore a tedeschi, usi a lottare con tigna fin dai tempi di Arminio. Onore a Beckenbauer, che giocò per quasi metà della contesa da infortunato, col braccio al collo. Onore soprattutto al milanista e milanese Schnellinger, che pareggiò allo scadere del tempo regolamentare il gol iniziale di Boninsegna: senza quella sua rete in extremis non ci sarebbe stato il divino, affascinante epilogo da infarto in due atti, a ribaltamento di fronti, zeppo di errori a schemi saltati, ma degno di una saga antica. Nei nomi scolpiti, come segmenti epici nel tempo, di chi quel giorno fece gol. In sequenza: Boninsegna, Schnellinger, Muller, Burgnich, Riva, Muller, Rivera.

Un Brera encomiastico - pur non risparmiando critiche al gioco degli azzurri in corso di articolessa - scriverà a caldo sul Giorno: «Non fossi sfinito per l’emozione, le troppe note prese e poi svolte in frenesia, le seriazioni statistiche e le molte cartelle dettate quasi in trance, giuro candidamente che attaccherei questo pezzo secondo ritmi e le iperboli di un autentico epinicio. Oppure mi affiderei subito al ditirambo, che è più mosso di schemi, più astruso, più matto, dunque più idoneo a esprimere sentimenti, gesti atletici, fatti e misfatti della partita di semifinale giocata all’Azteca dalle nazionali d’Italia e di Germania. Un giorno dovrò pur tentare. Il vero calcio rientra nell’epica: la sonorità dell’esametro classico si ritrova intatta nel novenario italiano, i cui accenti siprestano ad esaltare la corsa, i salti, i tiri, i voli della palla secondo geometria e labile o costante…Trattandosi di un tentativo nuovissimo, non dovrei neanche temere di passare per presuntuoso. Se tutti dovessero fare quello che sanno, ha sentenziato Petrolini, nulla o quasi verrebbe fatto su questa terra».

Ma non tutti i salmi finiscono in gloria. Sensualmente appagata dalla vittoriona sulla Germania, l'Italia arrivò scarica alla finale con Brasile di un Pelé al sommo della sua maturità e perse 1-4 dopo aver comunque retto un tempo. Le insonni polemiche trafissero Valcareggi per aver impiegato Rivera negli ultimi 6' dell'incontro. Al ritorno sul suolo patrio, more solito, ci furono ingratissimi fischi mescolati a qualche applauso. Sic transit gloria mundialis.

ITALIA-GERMANIA OVEST 4-3

ITALIA: Albertosi, Burgnich, Facchetti, Bertini, Rosato (91’ Poletti), Cera, Domenghini, Mazzola (46’ Rivera), Boninsegna, De Sisti, Riva. Ct: Ferruccio Valcareggi GERMANIA: Maier, Patzke (dal 63’ Held), Schnellinger, Schulz, Beckenbauer, Grabowski, Overath, Vogts, Seeler, Muller G., Loehr (dal 53’ Libuda). Ct.: Helmut Schon. ARBITRO: Yamasaki (Perù) MARCATORI: Boninsegna al 8′, Schnellinger al 90′, Muller G. al 94′, Burgnich al 98′, Riva al 104′, Muller al 110′, Rivera al 111′.