Davide Van De Sfroos, il poeta folk dal cuore grande in concerto a Colorina

Davide Van De Sfroos protagonista di una grande festa in memoria di Matteo Aili, il 12enne valtellinese scomparso nel 2011 per un male incurabile di FRANCESCA NERA

Davide Van De Sfroos

Davide Van De Sfroos

Colorina (Sondrio), 27 maggio 2016 - Il poeta «laghée» Davide Van De Sfroos torna a esibirsi in Valle. E lo farà domenica 29, per una nobile causa. Già, perchè l’artista tremezzino d’adozione, ha deciso di supportare la onlus Matteo Aili, in memoria del piccolo scomparso nel 2011. Una grande festa solidale nel segno della condivisione e della semplicità più autentica.

Quello di Colorina non sarà un semplice concerto... «Sarà una giornata molto speciale ai laghetti La Coccinella. Parte del ricavato verrà utilizzato per costruire ‘Casa Matteo’, struttura residenziale per piccoli degenti in memoria di Matteo Aili, scomparso a 12 anni per un male incurabile. In passato ho avuto la fortuna di conoscerlo: un ragazzino davvero speciale, dotato di una forza superiore e capace di salutare il mondo in modo unico. Di lui ricordo soprattutto il coraggio nel rassicurare gli altri preoccupati per la malattia, il tutto con un’inesauribile pace interiore».

E dal punto di vista musicale cosa ci aspetta? «Un’autentica festa campestre a cui sono tutti invitati per rivivere quello spirito tribale delle feste country che è andato un po’ a perdersi».

Ad affiancarla ci saranno gli Shiver? «Per il ‘Folk CooperaTour’ ho deciso di affidarmi a questi giovani musicisti di Lecco perchè ne ho apprezzato da subito l’entusiasmo e la voglia di suonare tipica dei 25 anni. Dopo anni di sperimentazioni avevo voglia di ritornare a quel folk primordiale. Un po’ come riprendere la terra fra le mani e recuperare quel suono delle origini fatto di corde. Sentivo il bisogno di appartarmi un po’ per ritrovare la strada di casa».

Tra l’altro questi ragazzi sono suoi grandi fan... «Venivano spesso ai miei concerti e suonavano le mie canzoni. In un certo senso avevo bisogno di loro per non ripetermi ma soprattutto per condividere suoni semplici ma estremamente grintosi».

Davide Van De Sfroos

La semplicità spesso è una prerogativa dei suoi brani. «Molte volte ci complichiamo l’esistenza e, a furia di attorcigliarci, rischiamo di perderci. La vera poesia sta nel riuscire mescolare concetti mantenendo sempre uno sguardo semplice sul mondo: un equilibrio strano ma occorre avere il coraggio di semplificare le cose, anche nella musica».

“Synfuniia“ racchiude 14 dei suoi brani storici riarrangiati per orchestra. Non dev’essere stato semplice... «No di certo, ma per fortuna ci ha pensato il maestro Vito Lo Re. Si tratta di canzoni molto cinematografiche e più oniriche del solito».

E con la Valtellina che rapporti ha? «Un legame molto stretto. La frequento da quando ero bambino e molti dei musicisti che mi hanno accompagnato in passato provengono proprio da questa terra meravigliosa, dove diverse volte mi sono esibito a feste e concerti».

Dopo la canzone “Il minatore di Frontale” i minatori l’hanno adottata. «È così. Diciamo che si tratta più che altro di un gemellaggio “umano” sia con Frontale che con Fumero. Ho persino ricevuto le chiavi di Sondalo, un legame reciproco e simbolico».

Spesso è stato definito simpatizzante della Lega Nord eppure lei si è dichiarato “politicamente ateo”. È così? «Più che altro mi sento ‘politicamente naufragato’. Intendiamoci, mi piacerebbe avere una fede politica, ma oggi ho seri problemi a confrontarmi con questa realtà. Un conto è simpatizzare per qualcosa, un altro è crederci nel profondo. Personalmente non ho mai sventolato alcuna bandiera, ho semplicemente accettato di suonare in vari contesti: dalle feste del Pd a quelle di Cl».

E sul tema immigrazione cosa pensa? «È come un bicchiere d’acqua quando viene agitato: le bollicine inevitabilmente salgono a galla. Così, negli ultimi anni, il mondo è stato scosso e le persone si sono agitate, spinte alla ricerca di un El Dorado. È logico che la gente scappi perchè ha paura, così come è logico che provino paura le persone che si sentono ‘invase’. È un processo inesorabile».

francesca.nera@ilgiorno.net