Suora uccisa a Chiavenna, monsignor Balatti: "Ero io la vittima designata"

L'ex arciprete-parroco del paese valtellinese racconta: "Hanno rinunciato a me perché ero grosso e mi occupavo dei malati mentali"

Monsignor Ambrogio Balatti l’arciprete parroco di Chiavenna dal 1994 al 2017

Monsignor Ambrogio Balatti l’arciprete parroco di Chiavenna dal 1994 al 2017

Chiavenna (Sondrio) -  Era la prima vittima scelta dalle tre ragazze di Chiavenna. È stato l’ultimo a parlare con suor Maria Laura. Monsignor Ambrogio Balatti è stato l’arciprete-parroco di Chiavenna dal 1994 e fino a quattro anni fa. Oggi vive a Mandello del Lario, dove è nato.

Monsignor Balatti, lei era la vittima designata .

"Così hanno detto loro, le tre ragazze. Poi hanno rinunciato perché sembravo un po’ impegnativo per via della mia corporatura. C’è stato anche un altro motivo. Ho letto che una delle tre si era opposta alla mia uccisione. Il motivo era che mi occupavo di malati mentali. All’epoca, eravamo poco dopo la legge Basaglia, avevamo il Centro sociale. Queste persone erano in casa, giravano. Con le loro sorelle e i giovani che ci aiutavano cercavamo di tenerli impegnati, li facevamo dipingere, organizzavamo delle cene. Insomma, mi sarei salvato anche perché cercavo di fare del bene".

La scelta è caduta sulla suora.

"Non la conoscevano. Altrimenti avrebbero saputo che faceva tante cose per i giovani, i ragazzi, le ragazze del convitto, i bambini, le persone in difficoltà. Volevano fare la loro ‘bestiata’. Volevano dimostrare che il Male è più forte del Bene. Si sono inventati la storia della ragazza che attendeva un bambino dopo essere stata violentata. Suor Laura, nella sua bontà, non poteva resistere. Il ricordo è indelebile. Il sabato (3 giugno 2000 - ndr) ho incontrato la suora. Aveva visto la ragazza con una signora del Centro di aiuto alla Vita. Sembrava tutto vero. Invece era un inganno diabolico".

E arriviamo alla sera del 6 giugno, martedì. "Quella sera suor Laura era stata chiamata di nuovo dalla ragazza. Non aveva avvisato la signora del Centro ma soltanto me. Sono andato nel posto indicato e non l’ho trovata. Allora sono tornato indietro a prendere la bicicletta per perlustrare le strade da dove sarebbe dovuta passare la suora. In via Bottolera, di fronte alla Comunità montana, sulla destra, ho visto una ragazza vestita di nero che stava telefonando. Mi sono chiesto se fosse lei. Ho continuato a pedalare fino a quando non ho incontrato suor Laura. Abbiamo scambiato qualche parola. Era convinta che la ragazza sarebbe andata in convento con lei. Mi ha come fatto capire che preferiva essere sola per evitare che la presenza di un’altra persona le facesse cambiare idea".

Il corpo della suora è rimasto lì per tutta la notte.

"Il maresciallo mi ha chiamato per dirmi che alle sei del mattino un uomo aveva scoperto il corpo. Non aveva riconosciuto suor Laura. Aveva pensato che fosse una straniera e lo pensava anche il maresciallo. ‘Non sarà mica suor Laura?’, mi sono subito detto. Sono uscito in bici. Era proprio lei, morta da martire per fare del bene".

Conosceva già le tre ragazze?

"Di una ricordo la cresima. Era il 1996, due anni dopo il mio arrivo a Chiavenna. C’era questo gruppo di cresimandi. La loro catechista era proprio suor Laura. Ricordo questa ragazzina triste, assente. Le ho chiesto il motivo. ‘Perché i miei genitori si stanno separando’, è stata la risposta".

È sentita a Chiavenna la canonizzazione di suor Laura? "Dalla comunità dei credenti sicuramente sì. La sua morte non può essere paragonata a uno dei delitti che accadono di frequente. Qui c’è l’orrore, certamente, ma c’è anche una luce sfolgorante. Magari qualcuno potrebbe pensare che la consacrazione della suora fa entrare nella storia anche chi l’ha uccisa. Mi pare implicito, inevitabile. Se c’è un martire c’è anche chi ha inflitto il martirio".

Cosa vorrebbe dire a Veronica, Ambra, Milena. "Vorrei dire che spero che si siano, per così dire, convertite e che possono chiedere e invocare l’aiuto di suor Maria Laura Mainetti".