Servono autopsia e telecamere per capire “come“ e “quando“

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Potrebbero essere i tatuaggi a svelare l’identità della donna uccisa, smembrata e poi gettata come fosse un rifiuto ai piedi della provinciale 5 sulla strada che costeggia il bosco di Paline. Ne sono convinti anche gli inquirenti che pur proseguendo nelle loro indagini a 360° chiedono aiuto a chi, magari proprio a partire da quelle frasi incise sulla pelle, potrebbe riconoscere quella ragazza esile e minuta, alta un metro e 60 centimetri e pesante dai 50 ai 60 chili, il cui volto è stato reso irriconoscibile dal fuoco. Le impronte digitali non hanno fornito alcun elemento utile. Probabilmente perché la giovano non era mai stata schedata e non era neppure un possesso di una nuova carta d’identità - ammesso che sia italiana - o di un passaporto contenente le informazioni biometriche. Un particolare che non deve essere sfuggito al suo assassino che infatti ha martoriato il corpo, ma praticamente non ha toccato le mani e le dita. Quasi una macabra sfida alle forze dell’ordine che nei giorni scorsi hanno interpellato anche l’Interpol nella speranza di ottenere aiuto. I tatuaggi potrebbero essere la chiave per risolvere un mistero che per ora appare insolubile.

Toccherà all’autopsia ad esempio accertare le cause della morte, quasi sicuramente violenta ma sicuramente non dovuto alla dissezione che è avvenuta successivamente, quando la donna era già cadavere. Anche quei tagli sono una traccia se non addirittura la firma dell’assassino, per il modo in cui sono stati fatti: con mano ferma e grande perizia. Capacità non comuni che fanno pensare a un medico o almeno un macellaio. Lo stesso dicasi delle condizioni dei poveri resti, conservati chissà per quanto tempo in una cella frigorifera.