Magni
Nella mia ricerca di modi di dire del dialetto che ormai più nessuno ricorda e che rischiano di morire definitivamente, ho avuto la fortuna di ascoltarne uno che è proprio sull’orlo del baratro dell’amnesia totale. Ero ad Albese con Cassano, paese tra Como ed Erba, in compagnia di un amico che ama il dialetto quanto me e come me ricercatore di termini e locuzioni arcaiche e ormai sconosciute. A "contarla su" c’era un altro paio di persone, tutte anziane come d’altro canto il mio amico che si chiama Raffaele. Si stava parlando "del più e del meno", non tanto di dialetto. Il modo di dire è uscito per caso, spontaneo, quindi ancora più sorprendente, affascinante. Raffaele, che è tipo assai religioso e assiduo frequentatore della sagrestia, stava bonariamente rimproverando il suo amico Cesarino perché costui non solo si rifiuta di frequentare la chiesa e le sue funzioni, ma addirittura prende in giro quelli che chiama "paulott", come appunto Raffaele. Ed è stato così che Raffaele con voce un po’ alterata, da rimprovero gli ha chiesto: "Ma ti t’han battezzà con la pipa del giüss?". In pratica gli ha chiesto se lui non era mai stato battezzato e per chiedere questo ha adoperato una assai colorata metafora. Gli ha chiesto se per battezzarlo avevano adoperato la "pipa del giüss". Di cosa si trattava? Nel mondo contadino pipa era chiamato quel mestolino attaccato a un lungo manico, attrezzo che assomigliava proprio a una pipa, con il quale i contadini concimavano gli ortaggi, il granoturco e patate versando su ogni pianta novella un po’ di "giüss", un liquido attinto dai pozzi neri e quindi fertilizzante. Essere battezzato con questo liquido quindi significava non aver ricevuto il sacramento. Il colorito modo di dire era comunque di casa solo ad Albese con Cassano e dintorni. Qui infatti fino ai primi del Novecento imperava una vera cultura del concime tanto che sulla piana di Albese dove ben concimati crescevano le patate più buone, le cipolle migliori, gli ortaggi più rigogliosi.
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