"Sci, difficile trovare alternative"

Il direttore del Consorzio turistico della Valmalenco Pinna sul rinvio della stagione della neve

Migration

di Fulvio D’Eri

Lo sci alpino è il traino del turismo invernale e senza l’apertura degli impianti tutto il comparto rischia il crack. Lo scorso 11 dicembre è stata celebrata universalmente la diciassettesima Giornata internazionale della montagna, sancita dall’Onu, ma "nessuno o forse in pochi si sono prestati a riflettere sul significato di una chiusura degli impianti da sci in Italia per contrastare la diffusione del Covid 19" afferma Roberto Pinna, direttore del consorzio turistico Sondrio e Valmalenco. Se, come sembra, la Lombardia sarà ancora zona arancione o, peggio ancora, zona rossa è chiaro che l’apertura degli impianti, prevista per lunedì 18 è una chimera. "Sì certo i territori hanno cercato di rimodulare l’offerta turistica - continua Pinna - guardando ai cambiamenti epocali in atto, ma è certo che senza lo sci è e sarà difficile pensare all’inverno in chiave turistica. Il turismo tra Natale ed Epifania rappresenta per le località montane quello che la settimana di Ferragosto rappresenta per le località balneari, ma all’interno di un’offerta impossibile da destagionalizzare. Per quanto si possa dire, lo sci ha un ruolo di volano da cui oggi prescinde l’economia locale. Anche se viene praticato da poco più 3 milioni di persone sul territorio italiano, generando quasi 500 milioni di passaggi complessivi sulle piste e un indotto economico diretto (skipass, noleggio attrezzature, lezioni) di 4,5 miliardi di euro. Ma l’indotto correlato (bar, ristoranti, alberghi, negozi) genera 11 miliardi di euro ed è capace da solo di sostenere un’occupazione diretta di oltre 120mila impiegati su 400mila, estesi ad altre attività collegate, in territori in cui complessivamente vivono circa 1,2 milioni di abitanti. Mi sembra allora scontato ripetere che anche il benessere economico delle nostre valli dipende da questa attività turistica sportiva". E la mancata apertura sarebbe un disastro. "Non appare difficile comprendere quanto questo influirà pesantemente, anche con gravi ripercussioni per il futuro, sul disagio e le condizioni di vita di una bella fetta di popolazione che vive in montagna. Lo sci di fondo, le ciaspole o le passeggiate all’aria aperta sono importantissime, ma al momento sono attività complementari dal valore economico inferiore rispetto a quello generato dallo sci alpino". Pinna, anche se ottimista, è anche incerto sulla reale possibilità di una ripartenza per quest’anno: "Al momento non abbiamo la certezza che gli impianti possano riaprire, perché il protocollo di cui si parla da tempo non è stato ancora approvato e risulta essere ancora poco chiaro. Inoltre le varie zone "colorate" non aiuteranno di certo, ma soprattutto sarà conveniente, dal punto di vista prettamente economico, aprire un comparto già pesantemente colpito?".