
Uno degli striscioni che sindacati e dipendenti di Poste Italiane hanno portato con loro a Milano
Sondrio, 5 novembre 2016 - «Sondrio non ci sta, giù le mani dalla nostra proprietà», grida uno degli striscioni che sindacati e dipendenti di Poste Italiane hanno portato con loro a Milano, per lo sciopero nazionale. «L’adesione in provincia di Sondrio ha superato abbondantemente il 70% dei circa 400 dipendenti totali, distribuiti nei vari presidi territoriali dell’azienda», commenta dal corteo Antonio Rizzo, segretario provinciale Slp Cisl e dipendente della spa. Indetta dalle sigle sindacali nazionali Slp-Cisl, Slc-Cgil, Failp-Cisal, Confasal Com e Ugl-Com, la giornata di sciopero si è tenuta in tutti i capoluogo di Regione. Obiettivo: «fermare la privatizzazione di Poste Italiane. Per garantire i servizi a tutti i cittadini. Per difendere l’occupazione ed il futuro di migliaia di lavoratori».
A innescare la protesta, che con lo sciopero di ieri ha avuto il suo culmine, una riorganizzazione aziendale indigeribile per portalettere e sportellisti. «Entrambi i settori stanno lavorando in condizioni critiche - torna a ribadire Rizzo -. Gli sportellisti subiscono pressioni continue per il raggiungimento di obiettivi commerciali, i portalettere, a causa dell’introduzione della consegna a giorni alterni e del taglio del 50% del personale, fanno fatica a stare al passo con una mole di lavoro aumentata a dismisura». Dirette conseguenze sono eccessi di giacenza e disagi per l’utenza. A complicare ancor più il quadro, c’è l’ipotesi di un’ulteriore quotazione in borsa della società che, in provincia, «non solo potrebbe mettere a rischio circa 70 posti di lavoro su 250 nel ramo recapito, ma molti uffici di montagna o periferici».