Campodolcino, sotto la lente la patata di Starleggia

Ricercatori del Centro di cerealicoltura di Bologna in campo per studiare la pianta che dà diverse qualità di tuberi

Bruno Parisi, la patata Pat  e Daniela Pacifico sui monti di Starleggia

Bruno Parisi, la patata Pat e Daniela Pacifico sui monti di Starleggia

Campodolcino, 16 novembre 2019 - Un lavoro di analisi per controllare lo stato di salute della pianta. Oltre a confrontare come cresce la stessa varietà ad altitudini diverse. C’è questo alla base della visita fatta dal Crea-Ci (Centro di ricerca di Cerealicoltura e colture industriali) di Bologna all’Associazione delle patate di Starleggia, frazione del Comune di Campodolcino sita a 1560 metri di altezza. Nel corso del 2019 l’Asssociazione ha seminato, in via sperimentale, alcune varietà di patate fornite dal Centro di ricerca di Bologna, interessato a confrontare le qualità organolettiche delle varietà di patate coltivate in montagna con quelle di pianura. Per farlo è stato prelevato, oltre a campioni dei tuberi coltivati, anche il terreno intorno al periderma della patata per comprendere lo stato di salute della pianta, in base alla composizione del microbioma. A visitare i campi, all’inizio dello scorso ottobre, sono stati la ricercatrice Daniela Pacifico ed il breeder (coltivatore) esperto di patate, Bruno Parisi. Ad accoglierli ed accompagnarli per l’Associazione c’erano la presidente, Olga Caligari; Lucia Gianoli, coordinatrice delle attività educative e di comunicazione di Baite–associazione di promozione sociale; Saul Caligari, coordinatore delle attività di recupero dei terrazzamenti e della coltivazione delle patate di Starleggia ed Enrico Pozzi, ecologo e 3D artist. Da tempo, attraverso il canale YouTube “Orti semina e raccolta”, si occupano di divulgare video per offrire uno sguardo attento verso la natura che ci circonda e le sue potenzialità. Non poteva mancare il contenuto dedicato alla visita del Crea-Ci, già visualizzabile all’interno della loro pagina.

«La differenza tra una patata coltivata in montagna e una in pianura sta principalmente nel livello di irrigazione ricevuto – spiega Bruno Parisi –. Ad altitudini elevate spesso non è possibile irrigare, data la conformazione del terreno; quindi ci si affida all’apporto saltuario delle piogge. Questo determina un elevato accumulo di sostanze secche nel tubero che ne modificano l’aspetto gustativo ed organolettico». Quando l’Associazione si è posta l’obiettivo di ripristinare i campi di Starleggia li ha trovati in stato di abbandono. Ha dovuto affrontare vari problemi: dal frazionamento della proprietà al cedimento dei muri a secco, oltre ad essersi occupati dell’estirpazione delle infestanti e della protezione dell’area di circa 1.000 mq, dei quali circa 600 coltivati, dalle incursioni dei selvatici in cerca di cibo. Nell’area si è poi cominciato a coltivare i campi, divisi su 5 terrazzamenti, con le tre varietà di patate (rossa, gialla e blu Valtellina) ma anche grano saraceno, lino e orzo. Per garantire la possibilità della rotazione delle coltivazioni negli anni futuri.