Morto in Valmalenco, attesi gli esami tossicologici

Nel “giallo” ancora tante domande senza risposta

I rilievi dei carabinieri nel rifugio

I rilievi dei carabinieri nel rifugio

Chiesa in Valmalenco  (Sondrio), 3 gennaio 2019 - All'apparenza, dopo l’autopsia eseguita dall’anatomopatologo Paolo Tricomi di Lecco, che sembra avvalorare maggiormente la tesi della disgrazia piuttosto che quella dell’omicidio, l’indagine sulla morte del 30enne rappresentante di commercio comasco Mattia Mingarelli pareva ormai prossima a una rapida archiviazione. Invece non è così. I magistrati della Procura di Sondrio, diretta da Claudio Gittardi, puntano i fari sul “caso” per dare alla famiglia del giovane le risposte che mancano. Già. Le risposte che mancano.

C’è, ad esempio, un “buco nero” di almeno due/tre ore in cui non si sa come abbia trascorso il tempo la vittima di quello che in tanti erano pronti a chiudere come “incidente in montagna”. Ma, in realtà,, il corpo sotto il pilone della seggiovia dalla quale è stato notato da alcuni sciatori la vigilia di Natale è stato sempre lì dal momento in cui Mattia ha perso la vita, o vi è stato trasportato in un momento successo al decesso. Dagli abiti indossati, ad esempio, non sembrerebbero emersi segni di trascinamento sulla neve. Chissà.

Domani, intanto, ci sarà un sopralluogo nella zona del rifugio dei “Barchi” (ne riferiamo anche nelle cronache regionali) del perito della famiglia, Umberto Genovese dell’Istituto di Medicina legale dell’Università Statale di Milano, e del patologo Tricomi o di un suo assistente, accompagnati dai carabinieri di Sondrio: tenteranno di ricostruire l’ipotetico percorso effettuato da Mattia una volta uscito dal rifugio, sino al punto in cui è stato poi trovato senza vita. Ma c’è grande attesa anche per l’esito degli esami tossicologici, con campionature compiute durante l’autopsia. E anche si aspettano i risultati di laboratorio dei Ris di Parma su alcuni oggetti prelevati, nei giorni scorsi, nello chalet preso in affitto dalla famiglia Mingarelli in Valmalenco e altri acquisiti all’interno del rifugio alpino “Barchi”, a oggi ancora sotto sequestro voluto dal sostituto procuratore Antonio Cristillo sebbene il gestore non risulta sia indagato