Sondrio, l'ultimo saluto a Mario Cotelli: travolto da una valanga d’affetto

Quasi 600 persone stipate in Collegiata per l’ultimo saluto all'allenatore, maestro di sci, consulente di banca o aziende legate al turismo nella sua amata Valtellina

In prima fila la moglie e i figli di Mario Cotelli. Sul feretro il tricolore

In prima fila la moglie e i figli di Mario Cotelli. Sul feretro il tricolore

Sondrio, 8 novembre 2019 - All’omelia di Don Christian Bricola già non poteva entrare più nessuno. Quasi 600 persone stipate in Collegiata per l’ultimo saluto a Mario Cotelli, allenatore, maestro di sci, pubblicista, consulente di banca o aziende legate al turismo nella sua amata Valtellina, figura carismatica, geniale e sincera. I problemi gravi ai piedi che sembravano risolti due anni fa, poi l’insufficienza renale e le difficoltà aggravate degli ultimi mesi, «quella malattia che ha faticato ad accettare» ricorda l’arciprete, perché in gabbia non può stare. Mario allora è voluto volare in cielo, tre giorni fa, dalla sua casa di Sondrio, città che ieri lo ha abbracciato idealmente. La Valtellina è terra discreta, preferisce i fatti alle parole: ecco, per esempio quel lungo applauso finale dopo le ultime note del fratello Chicco, che ha voluto salutare Mario a modo suo, mostrando al mondo l’arte del suonare il piano (uno dei migliori in Italia, stile jazz) l’unica se vogliamo un po’ invidiata da Mario, accompagnato anche da un flautista e sulle note de «Il signore delle cime».

Già Chicco: la mente tecnica, il braccio ‘armato’, silenzioso di Mario, ieri distrutto, stravolto dal dolore, per il fratello «amatissimo: eravamo diversi e complementari. Mi mancherà tantissimo». Mancherà a tutti coloro che ne hanno capito la grandezza, ma anche il sarcasmo. Del famoso ‘pokerissimo’ a Berchtesgaden in gigante, 7 gennaio 1974, 5 azzurri ai primi 5 posti, mai accaduto prima e tantomeno dopo con l’Italia (anche se gli austriaci sono arrivati a 9, in superG), la filastrocca Gros, Thöni, Stricker, Schmalzl, Pietrogiovanna, mancava solo Pierino, oltre a Erwin “Cavallo pazzo” Stricker, spentosi però nel 2010. Presenti tanti valtellinesi doc, da Stefano Anzi, primo italiano maschio a vincere una discesa libera di Coppa del Mondo, nel 1971 e zio di Federica Sosio oggi nel gruppo Coppa Europa, a Renato Antonioli, passando per Daniela Zini (bronzo in slalom ai Mondiali di Schladming ‘82), Carmela e Luciano Curtoni, mamma e papà di Irene ed Elena, Pietro Vitalini mitico discesista dell’Ital-jet anni ‘90 e poi ancora Claudia Giordani figlia di Aldo, prima italiana a vincere in gigante in Coppa del Mondo, a Las Gets ‘73 proprio sotto la direzione tecnica unica di Mario Cotelli, poi anche presidente del Comitato Alpi Occidentali.

E tanti giornalisti noti che con Mario hanno lavorato direttamente, dal direttore di diverse testate prestigiose (Sport Mediaset, Rai Sport e Sky Sport), Giovanni Bruno, sempre fianco a fianco con Cotelli per trasmissioni o telecronache, a Guido Meda voce del motomondiale, certo, ma negli anni ‘90 anche dello sci alpino, idem Stefano Vegliani; Carlo Vanzini, per tanto tempo al seguito del Circo Bianco tra Sciare e Tele+/Sky. E come non citare gli esponenti dell’economia locale, gli ex vertici del Credito Valtellinese, banca della quale Cotelli è stato amministratore per oltre trent’anni, Giovanni De Censi e Miro Fiordi. Silenzioso, educato e commosso, come sempre, Gustav Thöni, amatissimo discepolo che conosceva Cotelli fin da bambino in quanto Mario fu allievo di papà Georg e saliva allo Stelvio per insegnare come maestro quando il piccolo Gustav faceva l’addetto ai piattelli dello ski-lift e si dilettava tra i pali solo in assenza di clienti.

Un’amicizia profonda e ricambiata quella del genio di Trafoi, che mai ha pronunciato una parola fuori posto per Cotelli, capendone l’importanza non solo e non tanto come tecnico, ma in qualità di stratega. «Mario - ammette - era bravo in diversi ruoli, geniale la sua gestione nel rapporto con la stampa e nella promozione dello sci anche a livello turistico. E’ stato eccezionale in questo". La bara è infine scivolata via nel cuore di Sondrio. Travolta da una valanga per una volta silenziosa: non Azzurra, ma d’affetto.