Macchinista morto sul lavoro L’udienza dopo cinque anni

Un collega ha patteggiato, a processo l’altro con due dirigenti delle Nord. Per l’accusa hanno agito con "negligenza, imperizia e imprudenza"

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di Beatrice Raspa

Un patteggiamento e tre rinvii a giudizio. A distanza di oltre cinque anni dall’incidente ferroviario che provocò la morte del 34enne macchinista di Iseo Nicola Franchini, ieri si è conclusa l’udienza preliminare. Imputati – a vario titolo di disastro ferroviario, omicidio e lesioni colpose – sono due manager di Ferrovie Nord e due colleghi della vittima. A scegliere di patteggiare – un anno e otto mesi – è stato Sperandio Barcellini, 63 anni, un manutentore collega di Franchini, rimasto a sua volta ferito nell’incidente.

Invece per l’altro collega, Francesco Fusari, 37 anni (l’impatto lo mandò in coma per un periodo ma si salvò) per Antonio Verro, 75 anni, e Marco Barra Caracciolo, 64 – rispettivamente consigliere delegato e direttore generale di Ferrovie Nord - il gup, Gaia Costantino, ha disposto il rinvio a giudizio. Il dibattimento inizierà il 7 giugno, davanti alla seconda sezione penale in composizione collegiale.

Il dramma accadde la notte tra il 21 e il 22 ottobre 2016 sulla linea Brescia-Iseo-Edolo, in prossimità della stazione di Rodengo Saiano, durante un intervento di manutenzione. Il macchinista Franchini si trovava su una motrice insieme a Fusari quando il locomotore fu travolto da un carrello carico di traversine e binari che era stato sganciato e provocò un violento frontale. Franchini non ebbe scampo, Fusari appunto finì in coma, Barcellini, che era rimasto a terra a sorvegliare il carro e per l’accusa avrebbe dovuto innestare il freno, rimase a sua volta ferito. Stando alla ricostruzione del pm Carlo Pappalardo la squadra diretta da Franchini durante le operazioni di trasferimento di un convolgio da Iseo a Paderno avrebbe sganciato il carro dalla motrice proseguendo su quest’ultima.

L’idea era quella di tornare indietro in un secondo momento a recuperare il vagone. Il carro tuttavia, privo di un freno continuo automatico efficiente e non immobilizzato adeguatamente, si mise in movimento. Per l’accusa gli imputati, che hanno già risarcito i parenti della vittima, hanno agito con "negligenza, imperizia e imprudenza". I vertici di Ferrovie Nord non avrebbero approfondito le misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro. E gli operai, in concorso, dal canto loro non avrebbero utilizzato i dispositivi di sicurezza come avrebbero dovuto.