Novate: il parroco cerca lettori in chiesa, ma non separati o conviventi

Le indicazioni di don Carlo sono destinate a suscitare polemica

La parrocchiale di Novate Mezzola

La parrocchiale di Novate Mezzola

Novate Mezzola, 3 maggio 2019 -  A Novate Mezzola si cercano lettori per la funzione religiosa, ma i fedeli non potranno essere conviventi, separati o divorziati. Don Carlo Radrizzani, parroco della chiesa della Santissima Trinità, ha chiesto - tramite un volantino esposto nei giorni scorsi nella bacheca della parrocchia – ai suoi fedeli dei volontari, almeno tre, per la lettura dei testi sacri nel corso delle cerimonie religiose.

«Per effettuare un valido servizio alla comunità – si legge nel volantino - occorrono almeno tre lettori per ogni messa festiva». Il prelato ha però specificato che per poter salire sul pulpito durante la cerimonia è necessario «essere un cristiano coerente» aggiungendo che «il lettore proclama la parola di Dio quindi non può essere un convivente, separato, divorziato». Numerose le reazioni sui social alla notizia e in tanti commentano, tra il serio e il faceto, che il parroco - non nuovo a raccomandazioni di questo tipo – ha dimenticato di interdire la lettura, oltre che ai fedeli separati, anche agli omosessuali.

Molti, però, ritengono che don Carlo abbia passato, ancora una volta, il segno e che con il proprio comportamento rischia di allontanare dalla parrocchia i fedeli. La «chiusura» della lettura dal pulpito ai divorziati è solamente l’ultima nota intransigente di don Carlo che, poco più di un mese fa, aveva stupito i propri parrocchiani, e non solo, richiamando i fedeli a tenere un abbigliamento più consono – con particolare riferimento alle signore – nel corso delle funzioni religiose. L’intervento del don, contenuto all’interno di un foglio di vari annunci consegnato ai parrocchiani all’ingresso della chiesa, aveva suscitato reazioni, soprattutto da parte di diretti interessati che hanno decisamente rigettato al mittente le accuse di indossare abiti eccessivamente succinti lamentando, al contempo, la re-introduzione delle preghiere in latino e, tra le altre cose, l’abolizione nel corso della cerimonia dell’ormai tradizionale «segno di pace».