Il via libera all’uso dei glifosato divide e crea allarme anche nei campi

Per gli agricoltori non esiste alternativa economica all’utilizzo della chimica che farebbe però danni all’uomo

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di Federica Pacella

C’è grande attesa anche nel Bresciano per per il rinnovo (o meno) dell’autorizzazione all’uso del glifosate, ma l’alto numero di osservazioni arrivate alle autorità europee ha fatto slittare i tempi. La presenza di questa sostanza, impiegata principalmente in agricoltura, è ampiamente dimostrata anche nel Bresciano, dove Arpa ne ha documentato la presenza nel 55% dei punti della rete per le acque superficiali. Attualmente l’uso è approvato nell’Unione Europa fino al 15 dicembre 2022.

Domani e martedì il comitato per la valutazione dei rischi dell’Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche) discuterà la classificazione di pericolo, prendendo in considerazione la cancerogenicità, la genotossicità, la tossicità per lo sviluppo e la tossicità per la riproduzione, nonché la classificazione ambientale, ma per la decisione finale bisognerà aspettare luglio 2023. Intanto prosegue la battaglia tra chi vuole mantenerne l’uso (il mondo agricolo, in particolare, secondo cui non ci sarebbero alternative altrettanto efficienti ed economiche) e chi chiede l’abolizione, entrambi sulla base di studi scientifici. Il Gruppo di valutazione del glifosate (Agg, formato da Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia) ha già esaminato, ad esempio, il dossier del Gyphosate Renewal Group (consorzio di aziende che cercano di ottenere il rinnovo dell’uso del principio attivo), secondo cui il glifosate non evidenzia potenziale genotossico, cancerogeno o tossicità riproduttiva. "Ma lo Iarc – contesta Celestino Panizza, di Medici per l’Ambiente Isde Brescia – ha definito la cancerogenità certa per gli animali, probabile per le persone. Gli studi epidemiologici sull’uomo sono difficili, anche se ce ne sono. Di certo, provoca stress ossidativo, alterazione del sistema immunitario, interferenza endocrina, che sono tutti meccanismi di cancerogenità. Non ci si può aspettare solo di trovare i morti per affermare la cancerogenità, anche perché è impossibile trovare un gruppo di controllo non esposto, in quanto l’esposizione inizia sin da prima della nascita. Le lobby sono molto forti".