I familiari di Mattia Mingarelli "Bisogna indagare ancora"

"Abbiamo preso atto delle conclusioni cui, per la seconda volta, è pervenuto il procuratore di Sondrio sull’esito che dovrebbe avere il procedimento iscritto per la morte di Mattia: l’archiviazione per essersi trattato di un fatto accidentale. Non essendo condivisibili tali conclusioni, abbiamo affidato le opportune considerazioni tecniche all’opposizione proposta dai nostri difensori; vogliamo ribadire che troppe sono le lacune e le incongruenze che non hanno trovato una spiegazione accettabile".

Così i familiari di Mattia Mingarelli, il 30enne comasco trovato morto in circostanze misteriose, nel dicembre 2018 nei boschi della Valmalenco, attraverso l’avvocato Stefania Amato scrivono a “Il Giorno“ all’indomani del nostro articolo. "Lo scorso gennaio il Gip - aggiungono mamma Monica Cavicchioli e papà Luca Mingarelli con i figli Elisa e Chiara - aveva chiesto di condurre nuove indagini per raggiungere “una più coerente, univoca, convincente soluzione del caso“. Ci pare, purtroppo, che a questo risultato non si sia arrivati e che la strada indicata dal Gip sia stata percorsa solo parzialmente, rinunciando, allo stato, ad approfondimenti di indagine indispensabili e secondo noi ancora esperibili. Speriamo di vedere accolte le nostre ragioni, ribadendo che quello che ci aspettiamo è una risposta convincente, logica e coerente alla domanda che da ormai quasi 3 anni ci ripetiamo: cosa è successo a Mattia? Non siamo noi a dire che non può essere caduto da solo nel bosco, rimanendo lì per più di due settimane senza essere trovato da chi lo ha cercato anche in quel posto: sono gli atti di indagine, comunque ancora approfondibili, a parlare. Bisogna indagare ancora, non rinunciando a supporti tecnici oramai indispensabili". Michele Pusterla