Bormio, i segreti del ricovero militare sullo Scorluzzo

Amanti della storia al lavoro in quota

Il recupero in quota

Il recupero in quota

Bormio (Sondrio), 26 ottobre 2020 - Un sito, dall’eccezionale valore storico e antropologico, restituito alla comunità grazie all’intervento di messa in protezione avviato nel 2017 dal Museo della Guerra Bianca in Adamello, in collaborazione con ersaf-Parco dello Stelvio. Si tratta del ricovero militare scavato dai soldati austriaci durante la Grande Guerra, pochi metri al di sotto della cima del Monte Scorluzzo, in un anfratto roccioso totalmente invisibile sia dall’osservazione diretta da parte italiana sia da una eventuale osservazione aerea.

Nonostante sia ormai passato più di un secolo da quel lontano 3 novembre 2018 – quando l’ultimo soldato austriaco lasciava la cima, chiudendosi alle spalle la porta della difesa eretta nei primissimi giorni del conflitto – è stato possibile recuperare intatta la baracca in legno, cuore del rifugio, che sarà conservata, dal 2022, in un nuovo polo espositivo del Museo della Guerra Bianca l’ex caserma Pedrazzini di Bormio. Il nuovo spazio ospiterà inoltre gli oltre 300 oggetti recuperati dal ricovero ipogeo, molti dei quali ancora in ottime condizioni: una stufa, i pagliericci su cui riposavano i soldati, due bilancini, pantaloni con diversi strati di toppe in fibre di ortica, monete, elmetti, munizioni, giornali.

Racconta Walter Belotti, presidente del Museo della Guerra Bianca in Adamello: "Sono stati quattro anni di intenso e meticoloso lavoro, svolto, estate dopo estate, con minuzioso metodo archeologico. A partire dai primi ritrovamenti del 2015 si sono infatti succedute stagioni di grandi sforzi che, con il contributo dei volontari, hanno portato allo straordinario recupero dello scorso agosto, quando abbiamo potuto procedere con lo smontaggio della struttura lignea che costituiva l’ossatura principale della baracca".

Un intervento di portata unica, come riferisce ancora Belotti: "La coltre di 60 metri cubi di ghiaccio è stata rimossa per mezzo di idropulitrici ad acqua tiepida con getto a bassa pressione che ha consentito di non danneggiare gli oggetti via via portati alla luce dalle scoperte e di assicurarne la futura salvaguardia. Basti solo pensare che tra la paglia presente sui letti a tavolato sono state rinvenute delle sementi – geranio selvatico – che, piantate a distanza di oltre cento anni, hanno dato i primi germogli". L’intero intervento di messa in sicurezza e musealizzazione dei reperti prevede un costo di 2,6 milioni, finanziati per 1,7 dalla Regione Lombardia, 400mila dall’UE e per i restanti tramite il Fondo Comuni Confinanti.