Sondrio, sos posti letto: in provincia esiste solo un dormitorio Caritas per sette ospiti

Negli scorsi giorni il caso ai due ragazzi scoperti a dormire nel locale bancomat di piazza Campello a Sondrio

I due giovani (Anp)

I due giovani (Anp)

Sondrio, 14 luglio 2018 - «Viviamo un momento particolare, dobbiamo essere attenti, non agguerriti». Solo così, per Monia Copes, operatrice provinciale della Caritas, si possono affrontano in modo sano situazioni delicate come quelle legate al fenomeno migratorio. Nello specifico, il riferimento è ai due ragazzi scoperti a dormire nel locale bancomat della banca Credito Valtellinese di piazza Campello a Sondrio. «La cosa importante è vederli e riconoscerli - prosegue -. Soffermiamoci non tanto sulle loro azioni, quanto sulla crescita che noi, come singoli, possiamo avere». Una cittadinanza attiva che dia un contributo sano, che non generalizzi. Pensiamoci: «le persone davvero pericolose non dormono vicino al bancomat. Sono poveri ed è la stessa legge dell’immigrazione a renderli tali. Quelli che ottengono un permesso devono allontanarsi dalle strutture di prima accoglienza, per passare allo Sprar, seconda accoglienza, che, però, è saturo, quindi si ritrovano per strada». Tanti non sanno dove andare, non vengono espulsi ma che nemmeno seguiti. «Da Sondrio vanno a Milano, da Milano a Bergamo e così via. In provincia, ad esempio, abbiamo solo un dormitorio da 7 posti. Vorremmo aprirne un altro per il prossimo inverno», prosegue.

Al di là degli aiuti, la cosa fondamentale è la crescita civile: camminare «non terrorizzati, ma attenti. Visto il contesto in cui viviamo, più protetto di altri, dobbiamo fare la nostra parte, nel rispetto dignità altrui. E, soprattutto, non fare di tutta l’erba un fascio». Da operatrice ne sente tante di storie. Nell’ufficio di Casa di Lidia a Morbegno, «facciamo circa due colloqui alla settimana con i ragazzi bisognosi di orientamento. Qualcuno ha già lo status di rifugiato, altri sono in attesa. Forniamo indicazioni generali, mentre per la questione lavoro c’è l’Agenzia Mestieri». Queste persone possono lavorare già «a due mesi dal rilascio del primo permesso. Se la procedura per lo status finisce in modo negativo sono costretti ad andarsene, altrimenti ricevono un permesso che può essere umanitario, sussidiario o di asilo politico. I primi due durano rispettivamente 2 e 5 anni e consentono al datore di lavoro di stipulare solo contratti rinnovabili, mentre l’asilo politico è indeterminato». Nello stesso struttura, la Caritas ospita temporaneamente ragazzi usciti dall’accoglienza con permesso e lavoro: «diamo loro una mano per raggiungere un’autonomia. La capienza massima è tre persone, per ora ce ne sono due, in uscita».