Morta incinta di due gemelle: "Claudia si sarebbe potuta salvare"

Sono esiti drammatici, quelli che emergono dalla consulenza medico legale disposta dalla Procura sulla 36enne di Grosio

Claudia Bordoni, la grosina morta in ospedale mentre era incinta di due gemelle

Claudia Bordoni, la grosina morta in ospedale mentre era incinta di due gemelle

Grosio, 5 novembre 2016 - Forse si sarebbe potuta salvare. Se i medici della Mangiagalli fossero intervenuti immediatamente con un taglio cesareo, Claudia Bordoni avrebbe avuto delle possibilità. Invece la ginecologa non dispose alcun accertamento specifico, le ostetriche non diedero l’allarme, la psichiatra - che l’aveva visitata la mattina perché la donna era molto agitata - suggerì una terapia che in effetti servì a calmarla ma di fatto anche a nascondere i sintomi evidenti di una morte che si stava avvicinando.

Tutte e quattro sono indagate per concorso in omicidio colposo, difese dall’avvocato Luigi Isolabella. Sono esiti drammatici, quelli che emergono dalla consulenza medico legale disposta dalla Procura sulla ragazza valtellinese, 36 anni, manager assicurativo a Milano, morta tra dolori lancinanti il 28 aprile scorso alla clinica Mangiagalli con le due gemelle di 25 settimane che aveva in grembo. Dario Raniero, il medico legale veronese incaricato di risolvere il rebus della morte di Claudia, ha depositato due giorni fa le sue conclusioni.  La devastante emorragia interna che portò alla morte della donna fu provocata da un’endometriosi, malattia che colpisce il tessuto uterino e che non è facile da diagnosticare. Già da alcuni giorni la donna, rimasta incinta con tanta fatica grazie alla fecondazione assistita, lamentava forti dolori addominali, tanto che il 25 aprile, lunedì, aveva trascorso la giornata al San Raffaele prima di essere rimandata a casa e prima di essere ricoverata definitivamente alla Mangiagalli la sera del 26, martedì. Stando alle conclusioni dell’esperto nominato dal pm Maura Ripamonti, però, in quei momenti una diagnosi precisa sarebbe stata quasi impossibile. 

Ma la mattina del 28 aprile, il giovedì in cui morì, Claudia ebbe cali di pressione, svenne due volte e i suoi dolori si fecero insopportabili. Se la ginecologa avesse approfondito quei sintomi senza perdere tempo, avrebbe certamente individuato la causa dell’emorragia ormai diffusa a livello retto-peritoneale. E un intervento chirurgico immediato, per quanto ad alto rischio, avrebbe potuto salvare la vita della donna. Invece, come denunciarono i familiari con gli avvocati Antonio Bana e Antonio Sala Della Cuna - e la consulenza, di fatto, conferma - Bordoni non ebbe dai medici l’assistenza che sarebbe stata necessaria.

Ore drammatiche di ricovero nel reparto di Patologia delle gravidanza, con la madre ad assistere impotente alla sua dolorosa agonia conclusa nelle prime ore del pomeriggio. Senza che nessun medico abbia potuto o saputo, in qualche modo, cambiare il finale della storia. Sulla tragica vicenda della donna e delle sue gemelline mai nate, intervenne i primi giorni di maggio anche il ministero della Salute, che spedì Milano i suoi ispettori: «Vorrei dire alla famiglia che mi adopererò personalmente perché sia accertata la verità», promise la ministra Beatrice Lorenzin.