
Omar Di Felice
BORMIO (Sondrio) – Dopo due mesi di cibi liofilizzati è finalmente arrivato il momento di gustare un piatto di pizzoccheri ai piedi dello Stelvio. Ma anche davanti a una bella porzione fumante sarà difficile smettere di pensare alla distesa infinita dell’Antartide che è stata la sua casa per tutto questo tempo. Dopo più di 700 chilometri in mezzo al ghiaccio e aver sopportato temperature fino a -30 gradi in sella a una bicicletta, trainando una slitta di 80 chili, Omar Di Felice, il ciclista del grande freddo è tornato a casa. Aveva un sogno: raggiungere il Polo Sud in bicicletta. Secondo i piani doveva percorrere 1.500 chilometri avendo come primo obiettivo il raggiungimento del Polo, da cui proseguire lungo il Leverett Glacier, provando infine a rientrare al Polo Sud sempre in sella alla sua bicicletta. Era la seconda volta che ci provava ma anche questa volta la natura ha deciso per lui e si è dovuto arrendere.
Omar cosa è successo laggiù mentre pedalava in direzione del Polo Sud?
"Quello che mi ha stupito è che a un certo punto la neve è cambiata completamente da un chilometro all’altro. È come se fossi finito nelle sabbie mobili e non c’è stato più nulla da fare. Avanzare era diventata un’agonia e le condizioni non sono più cambiate", spiega Omar, nato a Roma 42 anni fa e trapiantato a Bormio, in Valtellina, dove prepara le sue avventure. È stato folgorato dalle imprese di Marco Pantani che l’hanno fatto innamorare della bicicletta e poi dalle spedizioni dei grandi esploratori del passato che l’hanno convinto ad affrontare i luoghi più estremi della terra.
Como ci si sente a dover tornare indietro dopo aver affrontato una prova così difficile e aver pianificato una spedizione così difficile?
"Non provo delusione – spiega lo specialista dell’”ultracycling” (le più lunghe e impegnative competizioni in bicicletta, come la “Trans America biker race” da 7mila chilometri, che ha vinto a giugno 2023) – ho sempre sognato l’Antartide, sapevo che un giorno avrei provato ad arrivare al Polo Sud. Ma ho vissuto la mia grande avventura. Quello che mi ha lasciato è la capacità di gestire i miei limiti, la consapevolezza di quello che posso e non posso fare. Quando sono partito avevo quell’obiettivo geografico e simbolico. Quando ho iniziato a fare questa cosa, anche contro il parere di tutti coloro che mi dicevano che non era l’”habitat” adatto per una bicicletta, di giorno in giorno, ho capito che l’obiettivo non era più arrivare al Polo Sud, l’avventura vera era resistere quanti più chilometri possibile. È una cosa che è maturata pedalando in quello spazio infinito. Non la vivo come una sconfitta, l’avventura è il vero risultato di questa esperienza. Ho fatto tutto e anche di più di quello che si poteva fare".
Omar, lei è abituato alle grandi traversate in bicicletta in tutto il mondo. Questa volta ha dovuto fare i conti con stagioni sempre più anomale anche al Polo Sud?
"Sicuramente i Poli sono i due punti dove il cambiamento climatico si sta manifestando in maniera più repentina. Io ho trovato forti precipitazioni che si inseriscono in un contesto in cui ogni anno supera quello precedente per quanto riguarda le temperature medie. Un ciclista non percepisce nemmeno la differenza, ma alla fine di dicembre ero ancora in linea con il programma. Dal 38esimo giorno di spedizione in poi è iniziato il patimento".
Quanto è stato difficile prende una decisione?
"Ho continuato ancora 10 o 12 giorni, ma andava avanti di 600 o 700 metri l’ora. Quando devi prendere la bicicletta che pesa 25 chili e trascinarla nella neve, insieme alla slitta di 80 chili, dopo una o due ore è impossibile proseguire. Ovviamente non do la colpa al cambiamento climatico per la mia rinuncia. Per avventure come queste ci vogliono condizioni perfette e soprattutto un pizzico di fortuna".
E adesso che è tornato a casa sta già pensando a nuove avventure?
"L’Antartide era il mio sogno più grande. Ma non è il culmine della mia carriera, era un totem. Da un lato è difficile trovare nuovi stimoli. Ora voglio lasciare decomprimere le emozioni che sono tantissime. Ma ho già ripreso la bici, e, sinceramente, sull’asfalto mi sembrava di volare". Di Felice è un riferimento nel mondo dell’ultracycling. Ha affrontato grandi traversate in Islanda, in Himalaya, Lapponia, Alaska, Canada e Mongolia.