Michele, il custode della diga: "Su quell’auto cercava la strage"

Sondrio, la Procura aggrava le accuse. Lui: volevo tante vittime

Michele Bordoni

Michele Bordoni

Sondrio, 12 dicembre 2017 - «Avrei voluto uccidere più persone». Con una frase secca, senza appello, Michele Bordoni spiega la sua incursione nel centro di Sondrio, fra le bancarelle dei mercatini di Natale, sabato scorso. Quattro persone sono state falciate dalla sua Yaris grigia. E una donna di Bergamo, di 44 anni, è ancora in Terapia intensiva. Stato confusionale, l’effetto psicotropo da sostanze non bastano a cancellare l’effetto delle sue dichiarazioni. L’intenzione era quella di uccidere, cosa che non gli è riuscita per un caso, e di mietere il maggior numero possibile di persone. Per queste parole, insieme ad altri elementi di fatto, la Procura della repubblica di Sondrio, guidata da Claudio Gittardi, ha aggravato l’accusa nei confronti del 27enne di Poggiridenti: non più tentato omicidio plurimo, ma tentata strage. Un’accusa pesantissima per quel giovane che i conoscenti descrivono schivo e riservato. Un ritratto in parziale contrasto con l’uso di stupefacenti che lo stesso accusato ammette, anche se le analisi sulla presenza di stupefacenti nel suo corpo non sono ancora disponibili. Anche perché i problemi non sono legati solo all’abuso di sostanze.

Bordoni, un giovane tranquillo, amante dello sport e della vita all’aria aperta. Bordoni, isolato e solo, che pianifica un attacco in città senza aver dato segnali d’allarme. Il 27enne, che in molti descrivono come buono ma anche fragile, lavorava da alcuni anni come custode della diga di Trona in Valgerola. Ogni giorno, lontano dalla gente. Lassù aveva il tempo per pensare, ma anche per macerarsi nelle sue ossessioni. E forse anche per maturare i suoi deliri, i suoi propositi di omicidio. Prima di sabato nessun sintomo significativo, mai un precedente penale e nemmeno una cura per problemi psichiatrici. La miccia si è accesa senza che nessuno potesse accorgersi di nulla. «Non è facile fare ipotesi quando non si conosce a fondo il caso e il paziente – premette il dottor Claudio Marcassoli, psichiatra e psicoterapeuta sondriese impegnato in attività cliniche, in ambito forense e criminologico - ma in questa vicenda ci sono elementi che fanno ipotizzare un caso di crisi psicotica legata all’uso di sostanze stupefacenti. Purtroppo è ormai noto che la cannabis può avere un effetto “slatentizzante” su crisi, in particolar modo tra i giovani. In sostanza, in un ragazzo predisposto, vulnerabile, l’uso di sostanze cannabinoidi può far emergere una psicosi che, altrimenti, sarebbe potuta restare latente, come in molte persone accade». È tuttavia presto per dire se davvero sia bastata la droga per fare scattare la molla della violenza nel ragazzo pacifico che, agli inquirenti, ha parlato di sé come di un «illuminato», come un incaricato di una missione strategica, quella di ammazzare il maggior numero possibile di persone. Ci ha provato anche a Chiesa in Valmalenco, prima che la sua utilitaria, con il cagnolino a bordo, piombasse nel centro di Sondrio, prima che qualunque allarme potesse bloccarlo.