Ardenno, mamma e figlio morti nel tragico incidente: paese in lutto

Attività chiuse e comunità impietrita: ai funerali partecipa tutta la comunità

I funerali di Mariagrazia Pomoli e Matteo Dei Cas ad Ardenno (Anp)

I funerali di Mariagrazia Pomoli e Matteo Dei Cas ad Ardenno (Anp)

Ardenno (Sondrio), 5 ottobre 2019 - La bara di Matteo portata in spalla dai ragazzi dell’associazione Ardenno Sportiva con le loro divise arancioni, seguita dal feretro della mamma, Mariagrazia, e dietro di loro papà Enrico, sorretto dal figlio Francesco, i volti impietriti dal dolore. In centinaia ieri pomeriggio si sono ritrovati nella chiesa parrocchiale di Ardenno per l’ultimo saluto a Mariagrazia Pomoli e Matteo Dei Cas, rimasti uccisi martedì mattina dal carico di un camion, quintali di assi di legno che sono piombati sulla loro auto senza lasciargli scampo.

Tanti ragazzi, amici di Matteo, studenti della professoressa Pomoli, tutta la comunità di Ardenno, ma anche il mondo del sindacato provinciale, che ha voluto stringersi attorno a Enrico Dei Cas, apprezzato legale della Cisl, il mondo della scuola, amici e conoscenti. Tantissimi, tutti con il cuore spezzato, gli occhi che faticavano a trattenere le lacrime, qualcuno si è anche sentito male ed è intervenuta l’ambulanza. Un momento davvero sentito e ricco di emozione, attorno il silenzio assordante del dolore, le serrande dei negozi abbassate e le bandiere a mezz’asta. «Voglio condividere con voi tre sguardi – le toccanti parole di don Marco Zubiani, parroco di Ardenno, nella sua omelia -. Il primo sguardo è sulla bara di Matteo. Ci ribelliamo all’idea che a 15 anni si possa morire, non ci vogliamo credere. Sogniamo sempre una vita grande, siamo un po’ come quei bambini che ci chiedono un foglio per disegnare, e ci chiedono il foglio più grande che abbiamo. Anche noi sogniamo sempre il foglio più grande per la nostra vita. Oggi la realtà ci dice che c’è un foglio 15 per 12, quindici anni per dodici mesi. È un quadrettino piccolo. Però credo che in questi giorni abbiamo fatto un’esperienza, quella di ricordare, di guardare quello che ha fatto Matteo. E credo che se ci pensiamo un attimo, è riuscito a fare tante cose».

Il secondo sguardo del sacerdote è sulla bara di Mariagrazia, «e leggiamo quello che è avvenuto martedì mattina – ha detto -. Non c’era nessun autobus perso, c’era una mamma che per lasciare dormire un pochino di più il suo ragazzo ha detto: “Ti porto io al treno”. È l’ultimo gesto di servizio, di dono, che ha fatto al suo Matteo». «Il terzo sguardo è quello che abbiamo avuto noi in questi giorni – ha concluso don Marco -. Abbiamo guardato in basso, chiusi nel silenzio e nel dolore, con la fatica ad alzare gli occhi e vedere le lacrime in quelli degli altri».