Sesto, stomaco asportato per errore: "Bastava aspettare trenta minuti"

I consulenti dell’accusa al processo ai due chirurghi del Multimedica di Sesto

Sala operatoria in una foto di repertorio

Sala operatoria in una foto di repertorio

Milano, 16 ottobre 2019 -  «Un intervento chirurgico avventato, perché sarebbe bastata mezz’ora per avere un primo esito parziale da una biopsia o un lavaggio interno per verificare la presenza di cellule tumorali». Queste le conclusioni dei consulenti tecnici della pubblica accusa, chiamati ieri dal pm della Procura di Monza Alessandro Pepè a testimoniare al processo che vede due chirurghi dell’ospedale Irccs Multimedica di Sesto imputati di lesioni colpose gravissime per avere asportato «per errore» tutto lo stomaco, dopo una «diagnosi di tumore maligno» che si è rivelata «totalmente sbagliata». Perché si trattava soltanto di un’ulcera, ora la paziente di 53 anni fatica a nutrirsi ed è passata da 58 a 37 chili.

Era il 25 marzo 2016 quando è cambiata per sempre la vita di una donna di Sesto, addetta in una mensa, sposata, madre di 2 figli e nonna. La donna, che si è costituita parte civile insieme al marito al dibattimento davanti alla giudice monzese Angela Colella, è rimasta vittima di un incidente stradale che le ha causato nausea e vomito. Dopo tre accessi al pronto soccorso, è stata ricoverata alla Multimedica, dove il 4 aprile è stata sottoposta all’intervento chirurgico. Secondo l’accusa, il primo chirurgo V.C. e l’assistente D.B. hanno «formulato un’errata diagnosi di carcinoma gastrico» senza «attendere l’esito delle biopsie eseguite» e non hanno informato la paziente sulla «scelta di eseguire un’asportazione totale rispetto ad una parziale dell’organo». Secondo i consulenti, un medico legale e un chirurgo, «l’asportazione totale dello stomaco è indicata in caso di certezza della presenza di un tumore, che in questo caso però non risulta supportata da elementi certi». Anche nel caso in cui lo stomaco avesse avuto un «restringimento a clessidra» che poteva essere risolto solo con l’asportazione, come il medico V.C. ha detto alla paziente e al marito, per i consulenti della pubblica accusa «sarebbe stato possibile comunque eseguire una gastroscopia e in ogni caso, in presenza di una grave forma di ulcera che impone di intervenire, è possibile asportare solo una piccola porzione dello stomaco». I periti hanno aggiunto infine che «neanche per tutti i tumori maligni è necessaria l’asportazione totale dello stomaco» e sono stati concordi nel ritenere che l’esito dell’intervento chirurgico ha comportato per la paziente «una malattia insanabile con un grave sottopeso non recuperabile».

Al processo, dopo la paziente, già sentita alla scorsa udienza, è stato interrogato anche il coniuge, 59 anni. «Anche se mi hanno detto che le avevano tolto tutto lo stomaco, ho abbracciato e baciato il dottore - ha raccontato il marito, assistito dall’avvocato Francesco Cioppa - Ma al controllo oncologico ci hanno detto che era solo un’ulcera: ci è caduto il mondo addosso. Ho parlato con il dottor C.e lui mi ha detto che mia moglie aveva lo stomaco a imbuto e non le serviva più. Ma ora la nostra vita non è più la stessa, mia moglie ha perso molto peso e fa fatica a mangiare, non riesce neanche a prendere in braccio nostro nipote...». Dal canto loro, gli imputati negano la grave accusa contestata. C. sostiene di avere agito per il bene della paziente, «che sarebbe morta senza quell’operazione», mentre l’altra imputata (che ora ha lasciato la Multimedica) ha ammesso di avere proceduto «convinta che C. avesse avuto l’esito di tumore maligno». Si torna in aula a gennaio con i consulenti della difesa.