Donna uccisa a Sesto, il figlio non voleva farsi curare

Proseguono le indagini: in salotto spunta una impronta insanguinata del 21enne

 Lucia Benedetto con il figlio

Lucia Benedetto con il figlio

Sesto San Giovanni (Milano), 27 aprile 2019 - Un colloquio al Centro psico-sociale per far curare il figlio, avvenuto proprio prima che il 21enne uccidesse la mamma con un levatorsoli. Ci erano andati i genitori di Corrado Badagliacca, ormai convinti che il ragazzo dovesse intraprendere un percorso terapeutico per quel malessere che negli ultimi tempi sembrava stesse degenerando. Il giovane era passato da una vita normale, il liceo artistico e la passione per le arti marziali, a un atteggiamento sempre più cupo. Si isolava, compagne solo le sigarette che fumava una dietro l’altra. E non ne voleva sapere di andare da uno psicologo.

Fino al 9 aprile scorso, quando si era allontanato portando con sé soltanto una katana giocattolo di plastica. I familiari avevano presentato denuncia di scomparsa, poi ritirata perché il 21enne aveva fatto ritorno a casa. La stessa sottile arma da samurai, i carabinieri gliela hanno ritrovata addosso mentre vagava in stato catatonico a Cinisello dopo avere lasciato senza vita, nell’appartamento di via Sicilia a Sesto, la madre Lucia Benedetto, casalinga di 49 anni, uccisa con diversi fendenti al collo e alla testa, secondo quanto emerso dalll’autopsia eseguita ieri. Mentre la circostanza che la donna fosse appena tornata a casa dal Cps (il marito aveva ripreso invece il lavoro di barelliere in ospedale), ora fa ipotizzare che il movente dell’omicidio possa essere proprio una lite scatenata dal fatto che il 21enne avesse scoperto l’intenzione dei genitori di farlo, suo malgrado, curare. Gli accertamenti dei carabinieri, intanto, si arricchiscono di nuovi elementi: dopo quelle trovate sul levatorsoli, i militari hanno scovato una impronta insanguinata del ragazzo in salotto e anche quelle sporche di sangue della vittima rinvenute su un mobiletto in bagno appartengono al 21enne.

Stamattina il giovane è chiamato all’interrogatorio per la convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Monza, Cristina Di Censo. Come chiesto dal pm monzese Alessandro Pepè, titolare delle indagini. Una procedura che potrebbe però saltare perché nel frattempo il giovane, che si è chiuso nel totale silenzio, è stato trasferito dal carcere di Monza al reparto psichiatrico dell’ospedale monzese San Gerardo. I medici dovranno stabilire se è in grado di incontrare il giudice.