Sesto, ucciso a coltellate: "Condannate Diana a 22 anni"

Omicidio di via Marx, processo alle battute finali. Il pm: "Fu volontario, non un tentativo di difendersi"

Le forse dell'ordine sul luogo dell'accoltellamento

Le forse dell'ordine sul luogo dell'accoltellamento

Sesto San Giovanni (Milano), 16 aprile 2019 - Ventidue anni di reclusione per omicidio volontario, rissa e lesioni personali aggravate. È la condanna chiesta dal pm della procura di Monza Alessandro Pepè al processo davanti alla Corte di Assise di Monza che vede imputato Calogero Diana, detto Lillo, 58enne titolare di una ditta di autodemolizioni a Sesto San Giovanni accusato per la morte di Federico Megna, il 48enne sestese accoltellato all’addome lo scorso giugno durante una rissa davanti ad un bar in via Marx, dove erano stati colpiti da fendenti all’addome, alla schiena e alla coscia anche due fratelli di 38 e 41 anni.

Secondo la pubblica accusa, era l’imputato ad essere in possesso del coltello che ha ucciso il 48enne, che aveva fatto da vendicatore per i due fratelli suoi amici, offesi dall’imputato la sera precedente mentre si trovavano al bar. Il 58enne, con diversi precedenti penali e ancora detenuto in carcere per questa vicenda, sostiene invece di avere agito per legittima difesa quando ha disarmato il contendente, che insieme agli altri due complici l’aveva aggredito. "L’imputato ha ammesso la rissa e di avere sferrato le coltellate, ma non ha spiegato come sono andate le cose - ha dichiarato nella sua requisitoria il pm Alessandro Pepè che, nella quantificazione della pena richiesta, ha ritenuto di non concedere a Calogero Diana le attenuanti generiche, ma ha escluso l’aggravante dei futili motivi -. Nessuno dei testimoni ha detto che Megna impugnava un coltello, eppure hanno parlato di insulti, minacce e strattonamenti, che sono credibili perché davvero la lite c’è stata. Non sussiste invece la legittima difesa perché, se Diana si fosse davvero sentito in pericolo, sarebbe scappato o rientrato nel bar per chiedere aiuto o chiamare le forze dell’ordine. Invece dopo l’accoltellamento è tornato a casa, dove i carabinieri l’hanno svegliato la mattina seguente informandolo che Federico Megna era morto e sottoponendolo a fermo dopo l’interrogatorio".

Ha chiesto invece l’assoluzione dalle accuse di omicidio volontario e lesioni personali aggravati il difensore di Lillo Diana, l’avvocato Angelo Pagliarello. Il legale, rivolgendosi ai giudici popolari, componenti non togati della Corte di Assise, li ha invitati a "non giudicare l’imputato per i suoi precedenti penali". "Non è vero che Calogero Diana non ha spiegato come sono andate le cose - ha sostenuto l’avvocato Pagliarello - anzi ha ricostruito la dinamica del fatto con dovizia di particolari, anche se ancora scioccato per quanto accaduto perché mai avrebbe pensato che Megna fosse morto. Non è neanche strano che dopo l’aggressione sia andato a casa, è tornato nella sua tana come fanno gli animali feriti". La sentenza dei giudici il 20 maggio.