"Nessun atto contrario ai doveri". I giudici spiegano l’assoluzione di Penati

Sistema Sesto, le motivazioni della sentenza d'Appello

Filippo Penati

Filippo Penati

Sesto San Giovanni (Milano), 27 dicembre -  «Nessun atto corruttivo, nessun atto contrario all’interesse pubblico, ai doveri d’ufficio». È scritto nero su bianco nelle 53 pagine di motivazioni della sentenza di secondo grado che ha assolto, confermando quella di primo grado, Filippo Penati e gli altri imputati del processo al cosiddetto Sistema Sesto.

Le motivazioni della sentenza che risale a settembre «confermano parola per parola il verdetto di primo grado che mi assolse (per corruzione e finanziamento illecito al partito, ndr) – spiega lo stesso Penati, ex sindaco di Sesto, presidente della Provincia e braccio destro di Bersani – e non fanno alcuna concessione ai pm che lo impugnarono. In particolare scrivono che sulla questione di via Varanini furono portati dalla Procura solo meri sospetti. Per i giudici è stato rilevato solo un percorso lecito con il quale io non c’entravo nulla. Sulla vicenda del Sitam, danno la colpa ad Atm che non si era presentata al tavolo arbitrale».

Anche su Serravalle, i giudici scrivono che Penati «non ha mai interferito». Su Fare Metropoli «solo in parte risultano finanziamenti alla campagna elettorale di Penati, ma si tratta sempre di finanziamenti tracciabili e quindi legittimi». Anche sui conti correnti di Penati e della sua famiglia, setacciati pure tramite rogatorie, l’appello sentenzia che «gli esiti delle ricerche sono stati del tutto negativi». Le motivazioni, conclude l’avvocato della difesa Matteo Calori, «sanciscono che non vi sia stato alcun atto corruttivo».