Ex Ilva, la piccola Paderno trema

I 39 dipendenti locali di ArcelorMittal temono le conseguenze dello spegnimento dell’altoforno di Taranto

La fabbrica di via Pasubio a Paderno Dugnano

La fabbrica di via Pasubio a Paderno Dugnano

Paderno Dugnano (Milano), 17 dicembre 2019 - L'ora X a Taranto è arrivata. In Puglia sono iniziate le operazioni per il blocco dell’altoforno2 dell’ArcelorMittal, il colosso siderurgico che in questi mesi si trova nell’occhio del ciclone. Lo spegnimento degli impianti dell’ex Ilva, per procedere alla messa in sicurezza, è stato avviato il 14 dicembre.

È la politica dei tagli della multinazionale dell’acciaio che punta a licenziare oltre 4.500 operai, soltanto nella sede principale di Taranto. Nel frattempo, a Paderno Dugnano, dove ha sede uno stabilimento ex Ilva, si inizia a temere che quanto sta accadendo a livello globale possa ripercuotersi sul locale. Nonostante in città non ci siano mai stati segnali di crisi, la mobilitazione è partita. I dipendenti si sono rivolti al sindaco Ezio Casati per avere rassicurazioni e stanno aderendo a tutti gli scioperi e alle manifestazioni nazionali. "Una situazione veramente drammatica - esordisce Giovanni Ranzini, segretario della Fiom di Milano -. È altamente probabile che la situazione di Taranto possa influire sullo stato di salute della sede di Paderno. Per questo motivo abbiamo richiesto un incontro con il primo cittadino, in modo da segnalare la questione. Ma è da sottolineare che qui non ci sono mai stati problemi di questo genere".

Al momento Paderno conta 39 dipendenti: 10 impiegati e 29 operai; tutti con contratto metalmeccanico a tempo indeterminato. "È molto vasta oltretutto l’area di estensione dell’azienda: uno spazio di 76mila metri quadrati, che comprende 4 capannoni, un impianto fotovoltaico, una palazzina con gli uffici, la mensa e la foresteria. Anche se i dipendenti non sono molti, lo spazio a disposizione è parecchio. La sede è tenuta bene e non ci sono mai stati problemi di sicurezza". A Paderno ci sono tre linee di produzione e gli operai lavorano rigorosamente a freddo. "Bisogna evidenziare che qui non c’è l’altoforno e si lavora il materiale finito e semi-finito. Non abbiamo avuto in precedenza nessuna cassa integrazione. Anche quando ci sono stati problemi, si sono utilizzate le risorse a disposizione come ferie o rol, in modo da non avere bisogno di un ammortizzatore sociale. Si sono sempre svolte le regolari manutenzioni. Insomma, questo stabilimento è riconosciuto un po’ come il fiore all’occhiello del gruppo".

Tuttavia a Paderno non ci sono i numeri che si registrano in altre realtà. "Siamo una goccia nel mare e i dipendenti sanno che non possiamo contare sui numeri: siamo in attesa delle decisioni di chi ha più voce in capitolo. Ma la preoccupazione c’è, da parte dei lavoratori e delle loro famiglie. Perciò chiediamo "Non dimenticatevi di noi". Noi ci siamo, e partecipiamo a tutte le iniziative. Le tempistiche però sono dettate dalle procedure della magistratura. Il fermo dell’altoforno di fatto sancirebbe la fine dello stabilimento di Taranto e le ricadute potrebbero esserci anche sugli altri siti. È una questione molto più grande di noi".