Ex Falck, a Sesto si riparte da zero con l’incubo “spezzatino”

L’area dismessa più grande d’Europa passerà di mano un’altra volta: da Bizzi al colosso Prelios

Le aree ex Falck di Sesto

Le aree ex Falck di Sesto

Sesto San Giovanni (Milano), 12 marzo 2019 - Aree Falck, atto quinto. E non perché, dopo 23 anni, le vecchie acciaierie si apprestano finalmente a diventare un progetto immobiliare. A breve è infatti atteso un nuovo passaggio di mano delle aree dismesse, dopo che l’imprenditore Davide Bizzi le acquistò nel 2010 da Risanamento per 405 milioni di euro. I rumors nel mondo finanziario sono sempre più insistenti e vedono Bizzi in uscita da Milanosesto, proprietaria delle ex Falck, e l’ingresso di Prelios Spa, ex Pirelli Real Estate. In un secondo momento, potrebbe entrare come partner anche Hines, una delle società immobiliari più grandi al mondo con sede negli Stati Uniti. Già sfilati, ormai da tempo, gli arabi del gruppo saudita Fawaz, che avrebbero dovuto realizzare il centro commerciale sotto il T5. Si tratta del quinto giro di valzer delle aree dismesse più grandi d’Europa: un milione e 450mila metri quadrati che dalla famiglia Falck sono passati al sestese Giuseppe Pasini poi al costruttore Luigi Zunino nel 2005 e, infine, a Davide Bizzi. Milanosesto dovrebbe rimanere come soggetto attuatore ma in una nuova veste, a partire dai vertici e dalla composizione: a comprare le quote dovrebbero essere le stesse banche creditrici.

Nove anni di storia sestese per Bizzi, imprenditore sempre più italo-americano, che potrebbe restare con un piccolo ruolo nell’operazione: un lotto da realizzare in prima persona con la nuova società, la Edile Engeneering & Construction, che conta già 100 persone assunte e che sta costruendo il nuovo ospedale Galeazzi, l’unico cantiere oggi presente sulle aree Expo, proprio le competitor della Città della Salute e della Ricerca. In un futuro sempre sempre più vicino, le aree Falck saranno divise in lotti. Quell’ipotesi “spezzatino”, tanto ripudiata e temuta, sarà inevitabile. Le ex acciaierie saranno fatte a pezzi in un progetto unitario che, domani, non esisterà più. Per la quarta volta si tira una riga e il masterplan di Renzo Piano, ereditato da Bizzi come un progetto vecchio e superato, andrà definitivamente cestinato. Già cancellate erano state le “case alte”, i grattacieli che nel 2011 erano scesi di altezza e di numero da 25 a 12. Eliminata anche la “rambla” in viale Italia con tanto di passerella futurista in stile Pronipoti e la piscina olimpionica, “risarcimento alla città” dei tempi di Zunino, sotto al Treno Laminatoio. Sparito il monastero sui resti delle vasche Pompei. Ridotto il grande parco urbano a favore della Città della Salute. Che resta come unica funzione capace di attrarre investimenti: quello del Gruppo San Donato, per il San Raffaele 2, e le trattative aperte con altri due istituti, di cui uno americano.

Nei mesi scorsi l’attuale amministrazione aveva deciso di rinunciare ad altre funzioni, in cambio di monetizzazioni per la città costruita: stop alla biblioteca nel Blis, il complesso di laminazione di inizio ‘900, e alla scuola modello al Concordia. Dopo quasi 15 anni, del progetto di Renzo Piano non resta più quasi niente. Si ricomincia da capo, un’altra volta. Con una governance con più interlocutori privati e con un’area in parte bonificata ma senza più anima. Dove le uniche funzioni certe sono quelle che godono di investimenti pubblici: la stazione a ponte, con Rfi, e la Città della Salute con i 450 milioni di euro stanziati da Stato e Regione Lombardia.