Accoltellato da folle e morto dopo 6 anni di coma: addio a Francesco, benzinaio sorridente

Una grande folla si è stretta attorno a moglie e figli di Saponara

I familiari di Francesco Saponara all’uscita dalla chiesa di San Carlo al termine della ce

I familiari di Francesco Saponara all’uscita dalla chiesa di San Carlo al termine della ce

Sesto San Giovanni (Milano), 21 gennaio 2020 - Gli amici, i colleghi benzinai, alcuni in divisa, i vicini di casa, i commercianti della zona e i sestesi che personalmente non lo conoscevano, ma sono rimasti sconvolti dalla notizia, hanno voluto stringersi attorno alla moglie Giusy e ai due figli Antonio e Martina. Si sono celebrati ieri i funerali di Francesco Saponara. Gremita la chiesa San Carlo di via Boccaccio, a pochi passi dall’abitazione e poco distante dal luogo di lavoro che quel 17 giugno 2014 lo aveva visto cadere a terra per le coltellate inferte da un folle di Cinisello Balsamo. «Siamo qui a causa del triste esito finale di un gesto efferato e assurdo, che ha colpito Franco, la sua famiglia e tutta la comunità – ha esordito il parroco, don Emanuele Beretta –. La presenza di così tante persone rivela prossimità e la vicinanza a lui e ai suoi cari e il nostro sentirci inermi, fragili, scoperti, vulnerabili dal male assurdo e senza senso».

Quasi sei anni in stato vegetativo per danni irreversibili, dopo l’assalto alla pompa di benzina di viale Gramsci da parte di un 34enne che, in preda a una crisi mistica, aveva compiuto una strage: colpito fatalmente Saponara, ucciso Franco Mercadante a Cinisello, in un autolavaggio di via De Amicis, e inflitto 20 fendenti a un uomo che, a Bresso, stava passeggiando con il proprio cane, l’unico superstite di quel pomeriggio di follia. «Franco è la vittima innocente di un male che sfugge alla nostra comprensione. In tanti anni resta turbamento – ammette don Beretta –. Cosa rimane? Quello che abbiamo conosciuto di lui: la grande gioia, allegria, spensieratezza. La sua disponibilità, il sorriso come qualcosa di gratuito. Era una persona buona, che non meritava tutto questo. Sorridiamo come lui, teniamo questa eredità. L’odio è un ciclo sterile. Invece, il nostro compito è tenere la testa alta e affrontare la vita».

Un compito difficile, confessa don Gigi Musazzi, che all’epoca era il parroco di San Carlo ed è sempre rimasto vicino alla famiglia, rivelando «l’estrema sofferenza che ha dovuto patire, con tante domande senza risposta». Parole di dolore, ancora oggi di incredulità, che hanno strappato un applauso spontaneo da parte dei fedeli prima dell’ultimo saluto e di partire per il cimitero nuovo. A chiudere la cerimonia, la figlia 25enne Martina, con una lettera che ha riempito di commozione la chiesa. «Vorrei solo chiedere al cielo perché ti ha portato via da me, da noi, e ha lasciato me, Antonio e la mamma, che pur essendo adulti ormai, rimaniamo pur sempre i tuoi bambini. Ti penso e il mio cuore si fa pieno di tristezza, gioia e speranza. Se sei adesso lassù, traccia la strada, indicami la via e fammi tornare a sorridere».