Cinisello Balsamo, 1 Febbraio 2013 - Sottoponeva le sue vittime a "sevizie che ne annichilivano la dignità umana" per "soddisfare in modo brutale le proprie perversioni". Però sarebbe "iniquo non tenere conto delle condizioni di vita altrettanto disagiate dell'imputato".
 

Con questa motivazione il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Monza Giuseppina Barbara ha condannato a 20 anni di reclusione con il rito abbreviato Antonio Vito Giordano, 45 anni, l'uomo del box degli orrori di Cinisello Balsamo, quello dove i carabinieri scoprirono il cadavere di Gianina Ganfalianu, prostituta rumena di 43 anni barbaramente uccisa a seguito di sevizie di natura erotica.
 

Oltre alle accuse di omicidio volontario, Giordano, muratore e buttafuori in una balera di Cinisello, è stato condannato anche per violenza sessuale, tentata e consumata nei confronti di altre tre prostitute che lavoravano nelle strade tra Monza e Cinisello: una italiana e due immigrate originarie del Ghana alle quali, in un drammatico incidente probatorio, era bastato guardarlo di spalle per riconoscerlo. Una era stata portata nel garage, ma era fuggita, l'altra invece era stata legata alla macchina e sopraffatta, prima di divincolarsi e scappare.
 

Il giudice, nelle motivazioni del provvedimento, ha sottolineato la brutalità della condotta dell'uomo, a cui però sono state concesse le attenuanti generiche. Infatti il giudice ha condiviso le valutazioni del pm monzese Franca Macchia (che però aveva chiesto la condanna a 30 anni di reclusione) sostenendo nella motivazione che l'uomo ha avuto una vita "penosa", con un "padre suicida", oltre che una sorella malata e un "basso livello di scolarizzazione". In più è "dipendente da alcol e cocaina", ma non per questo da considerarsi «disturbato di mente».
 

Pubblica accusa e giudice non si sono trovati d'accordo sulla quantificazione della pena, per questioni di natura tecnico-procedurale. Ma la Procura ha deciso che non presenterà ricorso in appello, mentre certamente intendono presentarlo i difensori dell'imputato, gli avvocati Massimo Bordon e Federico Cozzi, che si battono per ottenere l'assoluzione del muratore.

di Stefania Totaro