Milano, 29 agosto 2011 - Recidivi nella loro condotta illecita. Con questa motivazione il gip di Monza Anna Magelli ha accolto la richiesta di carcerazione per l’ex assessore Pasqualino Di Leva e l’architetto Marco Magni, accusati di corruzione nell’ambito dello scandalo tangenti sulle aree ex Falck che ha travolto Filippo Penati e la sua corte.

Pericolo di inquinamento delle prove e reiterazione del reato, i due avrebbero continuato a «intrallazzare» anche dopo le perquisizioni delle fiamme gialle, quando l’inchiesta era già di dominio pubblico. È il 21 luglio. Di Leva ha abbandonato la carica, quando cerca di contattare per telefono Nicoletta Sostaro allo Sportello Unico all’edilizia privata.

 

La dipendente comunale, indagata a sua volta per corruzione, è stata spostata in un altro ufficio. La stessa mattina ha già contattato Magni. L’architetto la zittisce: «A parlare siamo in tre», le dice, temendo di essere intercettato. E così i contenuti delle telefonate finiscono nell’ordinanza del gip. Che spiega: «Questi contatti, a ridosso delle perquisizioni, rivestono un significativo rilievo quali sintomi della precisa volontà di mantenere inalterati i loro rapporti» per continuare a «incidere su procedimenti amministrativi» e «perpetrare attività delittuose».

 

Oggi per Di Leva è la giornata dell’interrogatorio di garanzia. L’ex assessore al Bilancio e all’Edilizia privata sarà chiamato a rispondere di un tesoretto di un milione di euro, frutto di un presunto giro di mazzette. Per l’accusa fino a giugno avrebbe tentato di fare pressioni sul piano Falck. Anche Magni fino all’ultimo avrebbe cercato di non perdere la «corsia preferenziale». È il 26 luglio, una settimana dopo l’avvio dell’inchiesta. Al telefono l’architetto parla di una pratica. «Non c’è più la Sostaro, quindi quella roba lì rimane... un bel casino... noi lì avremo un mega problema, perché ci verranno a controllare per forza».

Una conversazione «allarmante», scrive il gip, perché «chiara evidenza della pervicacia con la quale Magni persegue i propri propositi delittuosi, cercando di trovare nuovi ‘agganci’ in Comune». Già il giorno della perquisizione, il 20 luglio, il professionista aveva cercato di «occultare quanto ancora non era stato posto sotto sequestro». Sono le 17 quando telefona a R.P.: «Alle 6.30 è passata da me la Guardia di Finanza, chiedendomi tutta una serie di informazioni sulla società Getraco, poi hanno portato via i documenti relativi alla Chiara».