Sesto San Giovanni, 28 agosto 2011 - Ha voluto fare le cose in grande il Pdl. Dopo l’arresto dell’ex assessore Pasqualino Di Leva, non ha chiesto solo la testa del sindaco ma di tutta la giunta. Dimissioni in blocco per «incapacità di controllo» urla l’opposizione all’indomani delle conclusioni del gip sulla corruzione a Sesto. Il sondaggio di ieri de Il Giorno ha dato ragione al Pdl: per il 62 per cento dei partecipanti l’amministrazione dovrebbe lasciare il palazzo. Sindaco e assessori però rimangono al loro posto. Anche quelli non targati Pd.

«Sono arrivato a pagina 24 dell’ordinanza con cui è stata accolta la richiesta di arresto per Di Leva. Si evince che abbiamo a che fare con una borghesia cittadina cialtrona, fatta di evasori per loro ammissione e dedita al libertinaggio. <E di fronte a questi cialtroni, evasori e libertini dovrei smettere di fare l’amministratore?». A parlare fuori dai denti è Demetrio Morabito. Vicesindaco, assessore all’Urbanistica, uomo di spicco di Rifondazione con 179 preferenze alle elezioni 2007. «Con serenità rimango a lavorare e porto il piano di riconversione delle ex Falck in Consiglio. A pagina 1 dell’ordinanza si dice che Di Leva si sarebbe accordato con Zunino per aumentare le volumetrie. Non è mai accaduto: le volumetrie sono inferiori a quelle chieste da Pasini».

Fine delle pretese del Pdl per ritirare il piano dalla discussione. «La cattiva politica ha lasciato ferme le aree Falck e Marelli per anni, la buona politica le ha sbloccate». La stoccata è all’amministrazione Penati. «Vedremo se in commissione i consiglieri sapranno riconoscere le profonde innovazioni portate al piano. Questa operazione, però, va fatta liberi dalla bufera».

Nessuna ombra sul piano di riconversione dell’area dismessa più vasta d’Europa. A ribadirlo è Lella Brambilla, assessore all’Ambiente in quota Sel. «La collegialità porta legalità e il nostro lavoro è sempre stato fatto di continue riunioni tra uffici, trasparenza, iter pubblico. Avrebbero dovuto comprare mezzo Comune - ironizza -. Le vicende di cui si parla sono di 11 anni fa. Quando si è insediata questa Giunta, i rapporti con Pasini erano già conclusi perché le ex Falck non erano più sue. Rimangono per l’area Marelli, ma le delibere sono state guardate e riguardate anche dalla Regione».

Ma nell’inchiesta non ci sono finite solo le aree dismesse. «Di Leva si è dimesso subito, la funzionaria allo sportello unico per l’edilizia è stata spostata. Precauzioni sono state prese — assicura Brambilla —. È evidente la difficoltà, ma non può prevalere. La magistratura deve fare il suo corso e chi rimane ha la responsabilità di continuare a lavorare».

Unico mea culpa da Giovanni Urro, assessore allo Sport dei Comunisti italiani. «Non ho l’abitudine di mettere la testa sotto la sabbia. Mentre stavamo intavolando una discussione sullo sviluppo della città, correva sotterraneo un fiume nero di soldi. È inquietante. Tutti dobbiamo interrogarci. Il livello di attenzione doveva essere diverso. Di questo mi sento colpevole». Non si è vigilato abbastanza e ora serve un percorso di trasparenza.

«L’approvazione di un codice etico non deve essere una misura eccezionale ma l’abc dell’agire politico. Serve un cambiamento radicale: dopo l’arresto di Di Leva non si può far finta di nulla». Se ne parlerà domani nella riunione di maggioranza: d’altronde prorpio da Andrea Scacchi dei Comunisti italiani era arrivato un aut aut: o il codice etico si adotta o niente discussione né voto sul piano Falck. Roba da far scricchiolare le fondamenta del municipio di piazza Resistenza. «Nessuno della Giunta ha situazioni di conflitto d’interesse ma non ho preclusione a discutere di un codice morale» risponde il sindaco Oldrini.

A rigettare ogni accusa è l’assessore al Commercio dell’Idv Claudio Zucchi. «Non esiste un sistema Sesto. Ci sono solo due imprenditori che hanno confessato di aver pagato tangenti. Ho fatto il mio lavoro di assessore e non sento nessuna responsabilità, nemmeno politica. Nemmeno se Di Leva sarà un domani condannato».
Mail gip Anna Magelli spiega che a Sesto esisteva un «sistema di corruzioni che ha contraddistinto per lungo tempo la gestione della cosa pubblica» da parte di alcuni amministratori. E che le accuse formulate dalla procura «sono reati contro la pubblica amministrazione, che offendono il prestigio degli enti pubblici ledendo l’interesse alla probità, alla riservatezza, all’imparzialità e alla fedeltà delle persone che esplicano attribuzioni di interesse pubblico e in generale il buon andamento dell’amministrazione».