Bresso, 4 agosto 2011 - «Chi se l'aspettava che dalla guerra per le linee degli autobus sarebbe scaturito tutto questo casino?». La domanda se la fa Fortunato Zinni, sindaco di Bresso, uno dei sette Comuni che erano soci nel Consorzio trasporti pubblici, che gestiva 15 linee locali e parcheggi a pagamento.

Bresso era uno dei soci di minoranza con Cusano, Cologno, Cormano, Muggiò. Soci di maggioranza, Sesto e Cinisello. «Il problema è esploso il 1° maggio 2010. Quando il Comune di Milano ha preso in gestione le linee 700, che il Ctp aveva affidato a Caronte — racconta Zinni — Piero Di Caterina ha iniziato ad avanzare delle richieste. “Compratevi le linee”, diceva ad Atm. Se le voleva tenere lui. Ma la legge era dalla parte dell’azienda milanese».

Già dal 1998 la Regione dava alla metropoli il ruolo di dominus nella gestione dei trasporti. Per vari motivi, la legge era sempre stata disattesa fino all’anno scorso. Quando Milano redige una delibera e Atm inizia a percorrere anche il Nord Milano con le circolari. «Caronte vantava delle ragioni, supportato in alcuni casi dal Ctp. Ma il Tribunale gli ha sempre dato torto. Visione milanocentrica? Può essere. Ma noi avevamo le mani legate».
Eppure Di Caterina non ci sta a perdere le concessioni dopo trent’anni. E così inizia la sua guerra contro i Comuni di Sesto e Cinisello. «Noi siamo stati per lo più spettatori — confessa Zinni — Il problema grosso ce lo aveva chi usufruiva del servizio Caronte, come Cinisello che metteva 1,7 milioni all’anno per le circolari. Noi non siamo stati coinvolti».

Senza le linee, a luglio il Ctp viene messo in liquidazione. «Qualcuno dice che è stata un’operazione frettolosa. Invece, l’abbiamo decisa in ritardo. Il Consorzio non aveva più spazio per operare, la legge lo aveva messo ai margini. Il liquidatore in questo anno ha fatto quello che doveva fare il Ctp: mediare con Atm e gli altri attori. Ci saremmo risparmiati tanti contenziosi». Un mese prima il sindaco di Bresso è tra quelli che riceve il dossier dove Di Caterina lancia accuse pesantissime di corruzione e concussione. «Si parlava di episodi mafiosi. Alla prima riunione chiesi ai sindaci di Sesto e Cinisello se lo avessero querelato e risposero di sì. Pensai che fosse una lettera di pressione ricattatoria. Non un ricatto criminale, ma un messaggio del tipo “O mi aiutate o vi rovino sui giornali”». Invece l’imprenditore è andato dritto in Procura a raccontare di un «sistema Sesto» fatto di mazzette, favori, concessioni.