Proteina della longevità, la pillola che può ringiovanire il cuore di 10 anni

La scoperta arriva da uno studio di MultiMedica, condotto insieme all'Università di Bristol e finanziato dal ministero della Salute

Illustrazione di Arnaldo Liguori

Illustrazione di Arnaldo Liguori

L’orologio biologico del cuore dell’uomo si può riavvolgere di oltre 10 anni. Lo dice chiaramente uno studio in vitro e in vivo coordinato dal Gruppo MultiMedica e dall’Università di Bristol. L’analisi ha mostrato come il trattamento con LAV-BPIFB4, la proteina della longevità, permetta alle cellule che supportano la vascolarizzazione del cuore (i periciti cardiaci invecchiati) di tornare nuovamente giovani e attivi. Somministrata a topi anziani, la proteina ha consentito ai loro cuori di ripristinare i livelli di efficienza registrati nei roditori di mezz’età. Il corrispettivo nell’uomo è un ringiovanimento cardiaco di oltre 10 anni.

L’analisi è durata tre anni. Nell’ambito dello studio in vitro, a opera del team di MultiMedica, le cellule del cuore di pazienti anziani con problemi cardiaci e sottoposti a trapianto, provenienti dall’azienda sanitaria universitaria integrata di Udine, sono state messe a confronto con quelle di individui sani.

“Le cellule dei primi, in particolare quelle che supportano la costruzione di nuovi vasi sanguigni, sono risultate meno performanti e più invecchiate - spiega Monica Cattaneo, ricercatrice del Gruppo MultiMedica, primo autore del lavoro -. Aggiungendo al mezzo di coltura di queste cellule la proteina prodotta in laboratorio che corrisponde alla variante diffusa tra i centenari, abbiamo assistito a un vero e proprio processo di ringiovanimento cardiaco: i periciti dei pazienti anziani e malati hanno ripreso a funzionare correttamente, dimostrandosi più efficienti nell’indurre nuovi vasi sanguigni”.

Un risultato coerente con quanto osservato in parallelo dall’analisi in vivo condotta a Bristol su una popolazione di topi. Somministrando la proteina LAV-BPIFB4 a topi anziani per indurre il ringiovanimento e a topi di mezza età per prevenire l’invecchiamento, lo studio ne ha confermato l’efficacia attraverso un miglioramento della vascolarizzazione, una più efficiente gittata del sangue e un decremento della fibrosi, che sono tre aspetti chiave per valutare lo stato di invecchiamento cardiaco.

“Oggi abbiamo una nuova conferma e un allargamento del potenziale terapeutico di LAV-BPIFB4. Attualmente sono in corso studi in vivo che impiegano la proteina ricombinante nel cuore anziano, nel cuore diabetico e nell’aterosclerosi. Ci auguriamo di poterne presto testare l’efficacia anche nell’ambito di trial clinici su pazienti con insufficienza cardiaca”, commenta Annibale Puca, capo laboratorio presso l’Irccs MultiMedica e professore dell'Università di Salerno, che negli ultimi venti anni ha concentrato la propria attività di ricerca sullo studio del DNA dei centenari.

Nel team che ha studiato il forte ruolo antiaging del gene della longevità e la proteina a esso associato anche il professor Paolo Madeddu dell’Università di Bristol. La scoperta delle loro potenzialità - poter “ringiovanire” uno degli organi più importanti dell’organismo come il cuore – è stata pubblicata su “Cardiovascular Research”, a seguito dello studio finanziato dalla British Heart Foundation e dal ministero della Salute italiano.