Quasi due anni di attesa per una mammografia, circa un anno per una ecografia, una tac, o un intervento ortopedico. E a rinunciare alle cure nel corso del 2021 è stato più di un cittadino su dieci. Screening oncologici in ritardo in oltre la metà dei territori regionali e coperture in calo per i vaccini ordinari. È il lascito della pandemia, una emergenza che ancora non abbiamo superato, come mostra il “Rapporto civico sulla salute. I diritti dei cittadini e il federalismo in sanità“, presentato oggi da Cittadinanzattiva.
“Durante la pandemia abbiamo fatto i conti con una assistenza sanitaria che, depauperata di risorse umane ed economiche, si è dovuta concentrare sull`emergenza, costringendo nel contempo le persone a “rinunciare“ a programmi di prevenzione e di accesso alle cure ordinarie. Ancora oggi abbiamo la necessità di recuperare milioni di prestazioni e i cittadini devono essere messi nella condizione di tornare a curarsi“, spiega Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. Liste di attesa per le cure ordinarie, ritardi nella erogazione degli screening e dei vaccini, carenze nella assistenza territoriale sono i primi tre ambiti nei quali si sono concentrate, nel corso del 2021, le 13.748 segnalazioni dei cittadini. Nello specifico questo il dettaglio degli ambiti maggiormente segnalati: l`accesso alle prestazioni (23,8%), la prevenzione (19,7%), l`assistenza territoriale (17,4%), l`assistenza ospedaliera e mobilità sanitaria (11,4%), al quinto posto la voce altro (9,8%) che comprende la somma di differenti segnalazioni (accesso alle informazioni e alla documentazione, prestazioni assistenziali, agevolazioni/lavoro, malattie rare).
Seguono sicurezza delle cure e presunta malpractice (8%), costi delle cure (5%), relazioni con operatori sanitari ed umanizzazione (3,8%) e farmaci (1,1%). Le liste d`attesa, già “tallone di Achille“ del Sistema Sanitario Nazionale in tempi ordinari, durante l`emergenza hanno rappresentato la principale criticità per i cittadini, in particolare per i più fragili, che di fatto non sono riusciti più ad accedere alle prestazioni. I lunghi tempi di attesa (che rappresentano il 71,2% delle segnalazioni di difficoltà di accesso) sono riferiti nel 53,1% di casi agli interventi chirurgici e agli esami diagnostici, nel 51% alle visite di controllo e nel 46,9% alle prime visite specialistiche.
Seguono le liste d`attesa per la riabilitazione (32,7%) per i ricoveri (30,6%) e quelle per attivare le cure domiciliari-ADI (26,5%) e l`assistenza riabilitativa domiciliare (24,4%). Con la sospensione durante l`emergenza delle cure cosiddette non essenziali e non “salva vita“, si sono allungati a dismisura i tempi di attesa massimi di alcune prestazioni.